Il supereroe senza supercattivo

Matteo Renzi è un grande amante delle promesse, come abbiamo potuto verificare in quest’anno in cui ha guidato il paese. Una delle sue preferite è “governeremo fino al 2018”, ed è possibile che la mantenga soprattutto per un motivo: non ha un’opposizione in grado di fermarlo.

Il 10 marzo 2015 la Camera dei Deputati ha approvato il DDL Boschi sulle riforme costituzionali con 357 sì e 125 no. Hanno votato contro Sinistra, Ecologia e Libertà, la Lega Nord e Forza Italia mentre hanno votato a favore Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica e gli altri esponenti minoritari della maggioranza su cui si regge il Governo Renzi. Si sono registrate alcuni voti controcorrente in alcuni gruppi (Fassina nel PD, Rotondi in FI e altri) e la decisione dei deputati del Movimento 5 Stelle di abbandonare l’aula, che ha spinto vari commentatori a scomodare persino la Secessione dell’Aventino del 1924, quando i parlamentari d’opposizione al regime fascista abbandonarono l’aula, pretendendo dal Partito Nazionale Fascista una presa di posizione chiara in merito alla scomparsa del deputato socialista Giacomo Matteotti, che pochi giorni prima era stato assassinato dalla polizia politica fascista. Il paragone è piuttosto forzato per una serie di ovvi motivi: Renzi non è Mussolini, il DDL Boschi non è paragonabile ad un omicidio, il PD non è il PNF, non siamo in dittatura e tante altre cose, ma quel gesto spinse il Duce, dopo il ritrovamento del corpo di Matteotti il 16 agosto 1924, a pronunciare il 3 gennaio dell’anno successivo un discorso alla Camera dei Deputati in cui si assunse ogni responsabilità per l’omicidio davanti alla nazione.
Quell’opposizione ottenne un risultato e invece questa non pare essere in grado di mettere il premier in difficoltà, anzi. Renzi gongola, celebra su Twitter il suo successo e continua cosciente di essere l’unico padrone del suo destino.
L’ex sindaco di Firenze ad oggi è privo di nemici che lo preoccupino seriamente perché i suoi rivali (che pure abbondano: minoranza PD, M5S, sindacati, Lega Nord e diversi membri di Forza Italia, oltre che a Sel) hanno diverse e più o meno gravi afflizioni e/o spaccature interne che non li rendono in grado di contrastarlo nei numeri in Parlamento, oltre che di costruire un qualcosa che risulti agli italiani preferibile a Renzi stesso. Già, perché bisogna pensare anche ad eventuali elezioni, dato che fatta la legge elettorale il segretario del PD posizionerebbe una minacciosa spada di Damocle sopra le teste di molti, in primis i suoi alleati di governo e Forza Italia, forte di sondaggi che non lo vedono mai sotto il 35%.
Partiamo dalla maggioranza. Il Governo si regge sull’alleanza tra PD, Area Popolare (Ncd più Scelta civica) e Pi-Cd. Il cruccio di come mantenere unita la coalizione è per Renzi relativo: a prescindere dalla legge elettorale queste forze (escluso, ovviamente, il PD) assai difficilmente potranno rivedere gli scranni dei palazzi della politica romana in caso di nuove elezioni. Alfano e compagnia lo sanno bene, tant’è che ringhiano e soffiano quando Renzi forza la mano ma alla fine stanno nei ranghi, come accadde in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, quando dopo tanto borbottare alla fine ubbidirono al capo, regalandoci anche la tristissima immagine di alcuni di loro che davanti alle telecamere si cimentavano in vere e proprie acrobazie per salire sul carro del vincitore, Ministro dell’Interno in primis.
Per quel che concerne la minoranza del PD, il problema principale è più quello del futuro, ma pare che la vecchia guardia in particolare sia più preoccupata di tenersi stretto un minimo di potere all’interno del partito che ora è in mano al “rottamatore” e di non prendere ancora troppe batoste politiche, piuttosto di cercare tra le proprie file una figura che sia in grado di riportare il partito a sinistra, contrastando seriamente Renzi e mettendone in dubbio la leadership con una proposta politica seria e appetibile. Pensare che le fazioni interne possano riprendersi il PD proponendo Cuperlo e Fassina è semplicemente inverosimile.

Al domani pensa anche SEL, che cerca il suo Tsipras (un leader giovane, capace e soprattutto di sinistra), ma che rischia di rimanere fuori dal Parlamento se si ripresenta alle urne con un Nichi Vendola che gli italiani non hanno mai avuto troppo in simpatia, forse, e con la sua vecchia squadra.

Velo pietoso su ciò che resta dell’impero di Berlusconi, che vede i suoi tanto amati sondaggi darlo in caduta libera e un Raffaele Fitto che cerca di riuscire laddove fallirono ai tempi loro anche Alfano e Gianfranco Fini, ossia spodestare l’ex cavaliere, generando crepe che rischiano di spaccare il partito. Forza Italia è ormai impresentabile nella maggior parte dei suoi esponenti parlamentari e sente scivolare la presa sul patto del Nazareno, che Renzi si è dimostrato in grado di infrangere senza troppi tentennamenti. Il fu Popolo della Libertà non può sopravvivere al suo leader, quando Berlusconi terminerà le motivazioni e getterà la spugna, anche Gasparri, Santanchè e Verdini spariranno o quasi dalla scena politica, è questione di tempo.
Restano due avversari da analizzare: la Lega Nord del rampante Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle. La prima è nel pieno della sua seconda giovinezza. Il nuovo capo l’ha trasformata con una bella mano di vernice nera, cambiando molto e poco contemporaneamente e i sondaggi lo premiano, ma una politica basata su slogan come “Basta euro!” e “Stop all’invasione dei migranti” attecchisce solo in tempi di crisi, quindi difficilmente Salvini potrà essere il grande antagonista di Renzi in futuro, se il paese troverà un minimo di ripresa economica. Senza contare che la crisi interna tra lui e il sindaco di Verona Flavio Tosi potrebbe risultare più grave del previsto, perché il suo rivale interno piace a molti, è meno estremista, furbo forse tanto quanto Salvini stesso e la Liga Veneta mal digerisce il “Milanocentrismo” che Salvini vuole nel partito.
La forza politica che più s’è scagliata contro il premier toscano è indiscutibilmente il Movimento 5 Stelle. Dopo lo straordinario risultato delle consultazioni del 2013 però i risultati della presenza pentastellata in Parlamento non si sono visti, le espulsioni/fughe sono state tante e i dubbi su cosa fosse quel Movimento che in tanti avevano scelto come rappresentante sono aumentati moltissimo. Beppe Grillo ha aspettato troppo a cambiare linea e a lasciare le redini ai suoi uomini e donne di fiducia, danneggiando il Movimento che peraltro non ha mai voluto adattarsi alla politica dei palazzi e scendere a compromessi per ottenere di contare qualcosa. Il risultato è stata un’opposizione ad oltranza senza risultati tangibili, che piace ai fedelissimi ma non a tutti coloro che poco a poco si confessano delusi e che portano i loro voti altrove, spesso verso quel “Noi con Salvini” che va tanto di moda adesso.

Matteo Renzi avanza a colpi di voti di fiducia (più di quei 33 con cui Monti governò un anno e che sembravano un record difficile da abbattere) e decreti legge (uno ogni 10/15 giorni). S’è costruito una maggioranza che a logica non avrebbe senso d’esistere, tant’è eterogenea, ma che all’atto pratico china il capo sempre al premier e per una ragione o per l’altra fa quel che le viene detto. Presumibilmente, questo è l’andazzo che vedremo per qualche tempo ancora. Fino al 2018 come Renzi dice? Non si può ancora sapere, l’iter che seguirà l’approvazione dell’Italicum, la legge elettorale che dall’inizio il Presidente del Consiglio brama, ci darà molte risposte in più.

Aspettando di capire se le riforme funzioneranno e se qualcuno avrà il coraggio di minare seriamente le fondamenta di questo Governo, la certezza è che ad oggi un’opposizione al leader non c’è e non si vede nemmeno in lontananza. O gli avversari di Renzi si accorgono di questa cosa, o Renzi continuerà la sua corsa senza ostacoli, con buona pace di chi vuole fermarlo senza superpoteri.

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