Baltimora e il meltin pot tra professionisti e amatori del giornalismo contemporaneo

Qualche giorno fa TIME ha raccontato una storia particolarmente significativa per capire quello che sta succedendo nel mondo del giornalismo contemporaneo. Qualche premessa, prima. Continua a leggere “Baltimora e il meltin pot tra professionisti e amatori del giornalismo contemporaneo”

Steve McCurry – Le vite degli altri (6/6)

Questo è l’ultimo articolo della serie. Ne sono usciti altri cinque, che trovate nei link a seguito: AFGHANISTAN ’79 E LE STORIE CHE DEVONO ESSERE RACCONTATE (1/6); COMPROMETTERSI PER DIVENTARE PARTE DELLA STORIA (2/6); FIABE DALL’INDIA (3/6); DISTRUZIONE (4/6); TECNICA E GEOMETRIA DI UN FOTOGRAFO (5/6).

L’ultima fotografia è la ragazza afghana. Un’icona planetaria; una foto che tutto il mondo ha visto e interiorizzato. Occhi verdi, un velo rosso. La seduta leggermente fuori asse rispetto alla macchina fotografica, gli occhi puntati. Continua a leggere “Steve McCurry – Le vite degli altri (6/6)”

Lo United di Van Gaal

Ospitiamo un amico, Roberto Signorelli, grande appassionato di calcio, per fare due chiacchiere su una squadra, il Manchester United, e un allenatore, Louis van Gaal, che finalmente sono tornati a far gioire una platea molto esigente, che sino a due anni fa eravamo abituati a vedere gioire in patria e in Europa e poi all’improvviso ha smesso di farlo.
Ovviamente, se vogliamo parlare di United, dobbiamo iniziare da lui: Alex Ferguson.
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Steve McCurry – Tecnica e geometria di un fotografo (5/6)

L’articolo che segue è la quinta parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La prima parte si può leggere qui. La seconda parte la trovate qua. La terza parte è qui. La quarta parte è qui e infine la sesta parte, ultima.

Ho cominciato questa lunghissima trattazione di McCurry seguendo una specie di evoluzione storica della sua fotografia. Nei quattro articoli precedenti ho alternato due storie personali di McCurry, entrambe legate all’India, e due momenti storici importanti per aver proiettato McCurry verso il tipo di fotografo che oggi conosciamo e che abbiamo in mente. A questo, possiamo dire l’aspetto più storico-interpretativo della fotografia di McCurry, se ne deve affiancare necessariamente uno di natura tecnica. McCurry è anche un fotografo molto tecnico, ed è la combinazione della qualità della fotografia unita al soggetto fotografato (che può anche essere un posto, non necessariamente una persona) a rendere le sue foto una riferimento della fotografia contemporanea.
Non ho una grande competenza sulla tecnica fotografica, quindi mi appello soprattutto a quel che ho letto su McCurry da chi, molto meglio di me, ne ha analizzato gli aspetti tecnici.

Sono essenzialmente tre gli aspetti riconoscibili, a livello tecnico, delle fotografie di McCurry. Continua a leggere “Steve McCurry – Tecnica e geometria di un fotografo (5/6)”

I soldi che la Germania deve alla Grecia

Il 7 Aprile 2015 il viceministro delle Finanze greco, Dimistris Mardas, ha annunciato che la ragioneria generale dello Stato ha finalmente stabilito la cifra esatta che la Germania deve alla Grecia: si tratta di 278,7 miliardi di euro. Il debito tedesco comprende i prestiti ottenuti dalla Germania sino al 1933, il risarcimento del prestito forzato esigito dai nazisti occupanti durante la seconda guerra mondiale di 10,3 miliardi di euro e i costi della ricostruzione greca in seguito alle due guerre mondiali.
Già l’8 Febbraio il primo ministro greco Alexis Tsipras aveva dichiarato che «La Grecia ha un obbligo morale davanti al nostro popolo, alla storia, a tutti gli europei che hanno combattuto e dato la loro vita contro il nazismo. Il nostro obbligo storico è reclamare il prestito e le riparazioni per l’occupazione». E l’11 Marzo il ministro della Giustizia, Nikos Paraskevopoulos, ha rincarato la dose dicendo che, se fosse necessario, sarebbero pronto a dare il via libera al sequestro di beni tedeschi in terra greca come parziale risarcimento. Continua a leggere “I soldi che la Germania deve alla Grecia”

Caro Abramo, ti scrivo

Caro Abramo ti scrivo.

Il 22 settembre del 1862 il Proclama di Emancipazione sanciva la fine della schiavitù negli USA. Voluta dal presidente repubblicano Abraham Lincoln, la legge arrivava nel pieno della Guerra di Secessione americana, che aveva avuto nella battaglia ideologica sulla schiavitù una delle sue cause scatenanti. Lincoln venne assassinato poco dopo la fine della guerra, il 15 aprile del 1865, al Ford’s Theatre di Washington da John Wilkes Booth, fanatico sudista.
Oggi gli States celebrano il 150esimo anniversario dell’omicidio di Lincoln, nel pieno di un periodo storico in cui la popolazione afroamericana della nazione si riunisce, sotto le luci dei mezzi d’informazione di tutto il mondo, per combattere una nuova battaglia: quella contro la violenza della polizia.

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Steve McCurry – Distruzione (4/6)

L’articolo che segue è la quarta parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La prima parte la trovate quaLa seconda qua. La terza parte è qui. Seguono la quinta partesesta parte.

La quarta foto è distruzione.

Macerie, nel cuore del mondo. Il fumo, la polvere. Rovine di un posto, resti di un simbolo. Nelle coscienze di tutti una spaccatura, una crepa di paura da cui poi, come edera, monterà la fobia di un’insensatezza chiamata fondamentalismo, perchè da quella crepa usciranno anche (tra gli altri) Madrid 2004 (191 morti), la metropolitana di Londra 2005 (56 morti), Boko Haram in Nigeria, l’attentato a Charlie Hebdo di Parigi, due guerre (Afghanistan e Iraq), l’ISIS.
“Siamo tutti americani”, scriverà sulla prima pagina del Corriere del 12 settembre Ferruccio De Bortoli, il direttore, parafrasando Kennedy di fronte al muro con i berlinesi. Una bella frase, che non trova però terreno fertile. Mai come prima il mondo si spacca in due, perchè in quella crepa viene incubata la rabbia e l’orgoglio o la stupidità delle più svariate dietrologie complottiste sull’autolesionismo americano orchestrato da CIA, FBI, ebrei, massoni, Bilderberg, Trilaterale…

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L’evoluzionismo non esiste, vietati i libri alle donne, Astrosamantha doveva trovarsi un uomo. Quando il giornalismo è cattivo.

Premessa: tentativo del pezzo è attirare l’attenzione su un caso limite che ha fatto di nuovo scalpore di recente. L’obiettivo è di fornire almeno nella prima parte elementi quanto più possibile oggettivi e documentati per dare modo al lettore di porsi qualche domanda e rispondere liberamente.

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Camillo Langone è un giornalista italiano nato a Potenza nel 1962. Scrive per Il Foglio, Il Giornale, Libero, La Gazzetta del Mezzogiorno. Si occupa prevalentemente di rubriche enogastronomiche, religiose e letterarie. E’ autore di otto testi saggistici presso varie case editrici dai titoli Cari Italiani Vi Invidio, Scambio coppie con uso di cucina, Il collezionista di città, La vera religione spiegata alle ragazze, Guida alle messe, Manifesto della destra divina. Difendi, conserva, prega!, Bengodi, Eccellenti Pittori, uscito nel 2013. Come ammesso dallo stesso in un’intervista al blog Altrimenti non è iscritto all’Ordine dei Giornalisti.
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Steve McCurry – Fiabe dall’india (3/6)

L’articolo che segue è la terza parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La seconda parte la trovate qua, la prima qui. Ci sono poi la quarta parte, la quinta parte e la sesta parte.

La terza foto è la fiaba raccontata, di un posto lontano.
Un treno nero e tanto fumo. Due uomini, al centro della foto, abbarbicati sul muso della locomotiva.
Alle spalle, in secondo piano e abbastanza sfocato da poter essere un sogno, il Taj Mahal. Siamo ad Agra, in India, ed è il 1983.

Workers move a steam locomotive at the railway yard in Agra, near Taj Mahal, Pradesh, India, 1983

Nel 1978 McCurry lascia il giornale di Philadelphia per il quale lavora come fotografo per partire verso l’India, ed è una storia già raccontata. Aveva viaggiato in Africa e in Sud America. Un anno l’aveva passato a rincorrere le donne d’Europa, cercando di consumare quel poco che era rimasto del fascino liberatore dell’americano nel vecchio continente. Mancava quella parte di mondo, e c’era da rispondere ad una chiamata, quasi fosse una forma di rivelazione.

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Il Tempo dei fumetti: lo spazio, un pizzico di filosofia e qualche eccezione

Una mia passione è senz’altro quella per fumetti. Leggo tutto, non tutto tutto, in effetti ne leggo pochi. Ma tutto quello che mi interessa. Dai multiversi dei super-eroi americani alle infinite saghe sull’amicizia dei manga giapponesi sino alle strisce quotidiane.
Ho sempre desiderato avere una grande collezione ma non ho mai avuto l’applicazione necessaria per costruirmela così come la vorrei. Sullo scaffale c’è una mezza collezione de Il Morto, fumetto italiano senza futuro, qualche dozzina di Rat-Man, pochi volumi di One Piece e un certo numero di cianfrusaglie legata a membri più o meno conosciuti degli Avengers. Nulla di che.
Sfogliare le pagine degli albi è per me una piacevole sorpresa la prima volta, e un curioso desiderio tutte le successive. È stato così un felice passatempo dovermene occupare durante la stesura della mia tesi di laurea.
Avendo a che fare col modo speciale in cui film trattano la temporalità – essi sono infatti in grado di rappresentare il tempo per mezzo del tempo stesso – mi sono reso conto di una cosa a cui non avevo mai pensato. E cioè che pure i fumetti dispongono un modo tutto loro di esprimere il tempo, ed è quello di farlo per mezzo dello spazio. In quale modo?
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