
Oltre Holden Caufield: J.D.Salinger
(Questo è il terzo post di una serie. Gli altri articoli, tutti indipendenti tra loro, sono su Agota Kristof, in due parti: qui e qui; e su Glenn Gould)
Bartleby e la sindrome del no: una (lunghissima) introduzione
Nel 1853 uno scrittore americano trentacinquenne con una fama in declino pubblicò in due parti, su una rivista di poco conto, un romanzo breve che trattava la storia di uno scrivano, uno di quei mestieri che veniva giù diritto dagli amanuensi e che oggi non ha più ragion d’essere. Senza un’età definita, un giorno questo tizio si presenta in uno studio legale newyorkese in risposta ad un annuncio che offriva un lavoro da copista. Di questo scrivano non si sa nulla, e nulla si saprà nel corso della storia. Si capisce che è di un’eccentricità silenziosa e indefinita. Quando il suo capo gli chiede di fare qualcosa, qualsiasi cosa, che non sia copiare, lui risponde solo: “Preferirei di no”, e non c’è verso che la faccia. Ogni gesto di questo personaggio pazzesco è chiaramente assurdo, illogico e inspiegabile, ma allo stesso tempo pare all’interno del quadro che pagina dopo pagina va definendosi, del tutto ragionevole, come se non potesse essere altrimenti. Quello che rende i suoi rifiuti del tutto privi di senso, quasi gratuiti, sembra essere qualcosa che manca a noi piuttosto che a lui. Da qualche parte ci sono tutte delle ragioni per le quali lui si rifiuta. La principale, da grande scrittore, l’autore la mette alla fine del romanzo, e c’entra con un ufficio di lettere smarrite in cui questo personaggio aveva lavorato. Continua a leggere “Oltre Holden Caufield: J.D.Salinger”