L’articolo che segue è la quinta parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La prima parte si può leggere qui. La seconda parte la trovate qua. La terza parte è qui. La quarta parte è qui e infine la sesta parte, ultima.
Ho cominciato questa lunghissima trattazione di McCurry seguendo una specie di evoluzione storica della sua fotografia. Nei quattro articoli precedenti ho alternato due storie personali di McCurry, entrambe legate all’India, e due momenti storici importanti per aver proiettato McCurry verso il tipo di fotografo che oggi conosciamo e che abbiamo in mente. A questo, possiamo dire l’aspetto più storico-interpretativo della fotografia di McCurry, se ne deve affiancare necessariamente uno di natura tecnica. McCurry è anche un fotografo molto tecnico, ed è la combinazione della qualità della fotografia unita al soggetto fotografato (che può anche essere un posto, non necessariamente una persona) a rendere le sue foto una riferimento della fotografia contemporanea.
Non ho una grande competenza sulla tecnica fotografica, quindi mi appello soprattutto a quel che ho letto su McCurry da chi, molto meglio di me, ne ha analizzato gli aspetti tecnici.
Sono essenzialmente tre gli aspetti riconoscibili, a livello tecnico, delle fotografie di McCurry.
1. Linee portanti, linee di fuga e linee naturali
McCurry è un fotografo che usa moltissimo il paesaggio che ha nel quadro. Una fotografia tipica di McCurry, che non sia un ritratto, presenta il soggetto inserito in un contesto paesaggistico (urbano o rurale) che porta le linee che possono essere tracciate ricalcando i bordi degli oggetti presenti a convergere verso il soggetto, o comunque a fare in modo che l’occhio sia naturalmente guidato a concentrare l’attenzione in un punto determinato.
Questo include anche l’uso delle diagonali o di una simmetria centrale, cosa che riguarda la quasi totalità dei ritratti, perfettamente centrati. Quando il ritratto non è centrato è perchè viene utlizzata un’altra tecnica, cioè la costituzione di un asse portante che corre lungo l’occhio in evidenza del soggetto. Questo capita soprattutto nel caso di ritratti in cui il volto della persona non è frontale rispetto alla macchina fotografia ma è leggermente di sbiego, mai a più di quarantacinque gradi.
Questa decostruzione è indicativa del fatto che le fotografie di McCurry sembrano spontanee, ma sono molto lontane dall’esserlo, ed è una cifra tecnica incredibilmente alta. McCurry non è uno street photographer, non ruba lo scatto, ma lo posa. Per questo la perfezione delle simmetrie colpisce l’occhio.
2. Pattern: ripetizione e rottura
Ci sono molte fotografie di McCurry in cui un modello si ripete fino alla rottura piuttosto improvvisa. Nel merito del tempo in cui si guarda una fotografia il concetto di “improvviso” riguarda pochi decimi di secondo, ma il gioco sta nel fatto che l’immediata percezione è una organicità della fotografia rotta non appena ci accorgiamo dell’elemento di disturbo.
Questo è reso nelle fotografie di McCurry soprattutto da una tecnica che lui ha usato molto spesso in posti e progetti differenti.
Sappiamo che Mccurry fotografa quasi esclusivamente a colori molto saturi. L’unica eccezione fu il primo progetto sui Mujaheddin, ma quella scelta dipese anche da circostanze contingenti, non fu propriamente una scelta artistica. Ci sono molte foto dove questa tecnica di rottura di un pattern omogeneo è rappresentata dal bicromaticità della foto, che in quelche modo ricorda i colori dei quadri di Rotkho (quelli erano tre, questi sono solo due).
In uno sfondo esclusivamente di un colore, si inserisce una soggettualità totalmente di rottura, che per il nostro occhio diventa protagonista.
3. Figura e sfondo
Uno dei motivi per cui Quarto Potere (Citizen Cane) di Orson Welles è un film ultracitato e fondamentale per la storia del cinema (oltre perchè è un bellissimo film) è il fatto che per la prima volta si utilizza in una certa maniera da profondità di campo, ovvero all’interno dell’inquadratura tutto è a fuoco. Non ci sono cose in primo piano che sono a fuoco e cose in secondo piano che sono sfocate nè viceversa. La profondità di campo dipende dalla distanza e dal diaframma, e giocare con essa è un mezzo per raggiungere certi risultati ed effetti, sia nel cinema che nella fotografia.
McCurry ha utilizzato spesso un modello di fotografia in cui un primo soggetto a fuoco stava in primo piano, mentre sullo sfondo era riconoscibile, anche se non nitido, un secondo soggetto.
Come nel caso precedente anche un questo ci sono esempi di fotografie scattate in posti molto diversi tra loro, a distanza di molti anni. Questo è testimonianza del fatto che è una tipologia di fotografia che McCurry cercava e che ha costantemente applicato.
Queste tre tecniche (o gruppi di espedienti fotografici) sono quelle più riconoscibili all’interno del portfolio di McCurry. Ce ne sono altre, che sono soprattutto varianti della prima tipologia circa l’utilizzo delle linee all’interno del quadro.
Era importante dedicare una parte a questo perchè fosse evidente come la fotografia dei grandi sia frutto non solo di un essere al posto giusto al momento giusto, ma venga anche da un processo di tentativi e aggiustamenti di una certa idea di fotografia. Uno degli aspetti che hanno fatto la grandezza di McCurry è il lavoro costante; una ricerca della perfezione stilistica e di una geometria che potenziasse il contenuto. Una sinergia forma-contenuto cristallina, che ha portato a fotografie spaventose.
le foto sono tratte da stevemccurry.com
le modifiche delle foto sono mie
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E’ un post bellissimo!
Quanto lavoro dietro ad ogni foto; ma la cosa sorprendente è l’effetto che il lavoro non ci sia: la bellezza fluisce come l’acqua dalla sorgente, così come in tutta la grande arte.
Complimenti: vado a leggere anche gli altri post.
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