Alla ricerca dell’inizio perfetto: ma a chi importa?

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La prima frase di un’opera letteraria si dice sia importante: è come una promessa, una stretta di mano, un abbraccio, una chiave. C’è chi ha scritto libri sui libri e poi chi ha scritto libri sulle prime frasi dei libri. Esistono corsi universitari, giochi da tavolo, basati sulle prime frasi dei libri, ma soprattutto esistono libri che parlano di regole per scrivere le prime frasi dei libri. La prima frase di un’opera letteraria si dice che è come un biglietto da visita, se va bene potrebbe andare bene anche tutto il resto, se va male va male tutto, per certo. E’ quella frase che non costa fatica, che arriva subito e che a volte si sfrutta per fingere di averla letta tutta quell’opera. E’ quella frase che si dimentica subito. E’ quella frase che gli editori analizzano per decidere se l’ultimo dei millemila mediocri autoruncoli esordienti possa vedersi spalancata la porta della pubblicazione oppure la cartella “cestinato”. Continua a leggere “Alla ricerca dell’inizio perfetto: ma a chi importa?”

Leggere per incontrare qualcuno

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Che cosa ci fa dire di uno scrittore che è un bravo scrittore? Molte cose, probabilmente molte cose diverse perché siamo lettori diversi. Per me un metro di misura della bravura di uno scrittore è il modo in cui crea i suoi personaggi, uno degli aspetti più difficili per chi prova a scrivere. La verità banale è che il personaggio, per quanto prodotto letterario da interpretare, non può che interagire nella costruzione della sua identità con la persona, con la verosimiglianza. La verità è che leggiamo perché ci interessa la storia di qualcuno. Ogni vicenda per quanto strabiliante, non sarebbe emozionante per davvero se non fosse perché riguarda qualcuno in particolare. La storia attrae il lettore proprio perché è la storia di qualcuno, di un suo alter ego. Leggiamo perché attraverso il personaggio vediamo il mondo con altri occhi, viviamo un’altra esperienza. Leggiamo perché leggendo possiamo contemporaneamente guardare da una prospettiva diversa e capire cosa si prova, fingere e essere consapevoli, essere protagonisti e testimoni, coinvolti eppure distaccati. E questo grazie al personaggio, che tra l’altro mostra di sé facce diverse a seconda del lettore che ne legge la storia e può aver bisogno di tempo per farsi conoscere intimamente e forse mai completamente. Ecco perché è notevole la quantità di esperimenti che chi scrive fa nella creazione dei suoi personaggi. Perché c’è sempre da tenere in mente che il lettore per prima cosa si confronta con loro, siano essi i protagonisti o soltanto comparse: un particolare incontro domina la natura comunicativa del romanzo, quello tra il lettore e il personaggio. Un incontro che può avvenire nei modi più disparati: il divertimento di chi scrive e il piacere di chi legge. Continua a leggere “Leggere per incontrare qualcuno”

Una solitudine troppo rumorosa #10 – Calabresi, Ad occhi aperti

McCurry, Koudelka, McCullin, Erwitt, Fusco, Webb, Basilico, Abbas, Pellegrin, Salgado. Nomi di chi ha avuto la storia sull’indice: una pressione e fotografie che sono iconiche. Sono dieci nomi, ma potrebbero essere molti di più. Dieci è un numero tondo, perfetto, testamentario. Mario Calabresi – ex direttore de La Stampa, da gennaio 2016 sostituto di Scalfari in vetta a Repubblica – corre sulle tracce di questi … Continua a leggere Una solitudine troppo rumorosa #10 – Calabresi, Ad occhi aperti

7 libri per l’Inverno

L’inverno è freddo, l’inverno è lungo, l’inverno è la stagione perfetta per leggere. Un caminetto acceso, una tazza di thé e una coperta, il vagone di un treno con i finestrini appannati, una sera fredda al rientro in casa, un pomeriggio di pausa con caffè bollente, una biblioteca al caldo, una panchina al parco nell’ultimo sole pallido della giornata. In tutti questi frammenti di vita … Continua a leggere 7 libri per l’Inverno

Una solitudine troppo rumorosa #9 – Kawabata, La casa delle belle addormentate

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Opera di singolare bellezza, questa Casa delle Belle Addormentate è la fonte da cui sgorgò –  anni dopo – la stessa storia vestita di Caraibi ad opera di Gabriel Garcia Marquez. Memoria delle mie puttane tristi, la chiamò Gabo. Talmente bella che un vecchio Marquez grafomane dovette farne una versione a suo stile in cui manteneva il cardine del racconto giapponese ma ne centrifugava la lentezza e le parole sotto la sua musica dei giradischi di Macondo. Continua a leggere “Una solitudine troppo rumorosa #9 – Kawabata, La casa delle belle addormentate”

Una solitudine troppo rumorosa #8 – Ammaniti, Io e te

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Due corsivi che stanno a mo’di prologo ed epilogo e che fanno da cornice al lungo flashback a voce narrante del protagonista: Lorenzo, un ragazzino. Si legge il bilico del racconto di una settimana in cui questo ragazzo scopre umanamente sua sorella (ma figlia di un’altra madre) quando invece cercava solo di scappare un po’ da tutto, lui, che è solo un ragazzino figlio disallineato (problematico?) di una borghesia in via d’estinzione. Continua a leggere “Una solitudine troppo rumorosa #8 – Ammaniti, Io e te”

Una solitudine troppo rumorosa #7 – Piccolo, Momenti di trascurabile (in)felicità

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Ci sono narrazioni costruite senza una struttura coerente di sinossi. Trame poco sistematiche – talvolta per nulla; storie sorrette unicamente da immagini brucianti che paiono aforistiche. Libri in cui non c’è una storia, ma un naufrago vagolare del protagonista per gli anfratti dello stare al mondo. Un personaggio unico – io narrante, spesso – che esplora le geografie dei comportamenti (suoi e altrui) e ne segnala unicamente l’accadersi. Fenomenologo, non fa valutazioni, non trae grandi verità morali o esistenziali. Si limita ad elencare una accadere del vivere umano, e va da sé che spesso, molto spesso, queste storie ci dicono molto di più di storie perfettamente confezionate ma plasticose e sempre identiche a se stesse. Ci dicono di più di cosa? Di noi, di come ci comportiamo in quanto esseri umani. Continua a leggere “Una solitudine troppo rumorosa #7 – Piccolo, Momenti di trascurabile (in)felicità”

Una solitudine troppo rumorosa #6 – L’Oriana e Tiziano

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Quello che è successo venerdì a Parigi mi ha obbligato a rivedere delle scelte. Avevo deciso di parlare di un libro di Francesco Piccolo (di cui parlerò la prossima settimana) ma poi, essendo convinto che qualunque funzione pubblica venga esercitata (come scrivere su questo blog, a prescindere dal numero di lettori) debba essere centrata rispetto all’attualità, ho pensato di fare una scelta diversa. Fatti di questo genere e questa portata obbligano ad agire, anche se si parla di libri.  Continua a leggere “Una solitudine troppo rumorosa #6 – L’Oriana e Tiziano”

Una solitudine troppo rumorosa #5 – Vila-Matas, Bartleby e compagnia

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“Il no è meraviglioso perchè è un centro vuoto, ma sempre fruttifero. Uno spirito che dice no con tuoni e fulmini nemmeno il diavolo in persona può costringerlo a dire sì. Perchè tutti gli uomini che dicono sì mentono; invece gli uomini che dicono no, be’, si ritrovano nella felice condizione di giudiziosi viaggiatori attraverso l’Europa. Varcano la frontiera dell’eternità con l’Ego come unico bagaglio. Mentre al contrario, tutta quella gentaglia che dice sì viaggia con mucchi di valigie e, maledetti loro, non oltrepasseranno mai le porte della dogana.”

Questo scrive in una lettera Herman Melville, lo scrittore celebre per la storia di Achab e la balena Moby Dick. Lo scrive al suo amico, altro celebre scrittore americano, Nathaniel Hawthorne. Continua a leggere “Una solitudine troppo rumorosa #5 – Vila-Matas, Bartleby e compagnia”

Una solitudine troppo rumorosa #4 – Benjamin, Immagini di città

benjA Berlino c’è un vestito che ti voglio comprare
A Berlino la luce piove dai lampioni
Come la nebbia intorno a Milano
[…]
A Varsavia, c’è un teatro dove ti voglio portare
Quando ritorno indietro,
Quando ritorno
Last Minute, Ivano Fossati

Le città sono i paesaggi che dipingiamo nel nostro autoritratto, come scrisse in una parabola Borges, in cui si raccontava di un pittore che cercava di dipingere tutto quello che aveva visto nella vita: laghi, fiumi, strade, persone e tutto quando e scoprì alla fine di essere riuscito a fare solo il proprio autoritratto.
Si tratta di passaggi di una vita di continuità (la mia Milano, ad esempio), oppure la subitanea memoria di città di viaggio in cui una nuova vista ci apre una geografia sconosciuta della bellezza di cui l’umano è capace. I viaggi creano geografia dell’alterità. Ci mostrano il brulicare di vite degli altri, sconosciuti passanti di sconosciute vie da cui si apprende uno stare al mondo che è per forza di cose diverso dall’abitudine. Si torna, poi, con posti in testa dove portarci una donna. Memorie di posti dove si è scritta una canzone che nessuno ha mai sentito, poesie che nessuno ha mai letto, diari nascosti negli armadi, romanzi gettati via, lettere mai spedite. Bar ormai chiusi di piazze pedonalizzate. Città di frontiera diventate libere, se si fa lo sforzo di imamginare che solo 25 anni fa il mondo era spaccato in due e c’era una città, spaccata in due, dove oggi si corre per club, disco, università. Berlino del cielo diviso, come nel romanzo di Christa Wolf. Lì c’era un Mlecny bar, avrà detto qualuno guardando la vetrina di uno Starbucks in una nuova modernissima città polacca. Continua a leggere “Una solitudine troppo rumorosa #4 – Benjamin, Immagini di città”