Fedez e i NoExpo: le non-notizie e il mostro che il giornalismo ha creato

Una non-notizia è diventata un caso. Il 30 aprile Fedez (Federico Lucia, cantante) ha fatto un endorsement a favore dei manifestanti NoExpo, che lo stesso giorno manifestavano per Milano, città dell’esposizione. Su Twitter, in occasione di quella prima e più contenuta manifestazione di protesta, aveva scritto: “La vernice sui muri dei #NoExpo indigna più delle infiltrazioni mafiose di Expo. Di questo passo daranno la scorta di Stato agli imbianchini”. Poi un manifestante No Expo (chi e a che titolo? Non si sa.) gli ha fornito una lista poi pubblicata via Twitter dal cantante, con elencate tutte le sedi imbrattate di scritte:tra le altre banche, sede INPS e sede Manpower; espressione dei poteri finanziari, cosiddetti “poteri forti”. Al che Fedez ha twittato questo:

Twitter fedesz

L’elenco dei siti vittima di “atti di protesta” si è poi rivelata falsa (o perlomeno incompleta). A giudicare dalle fotografie che hanno coperto la manifestazione del 30 aprile (e NON del primo maggio, dove c’è stato il casino) gli imbrattamenti non hanno riguardato solo gli edifici della lista ma anche muri di abitazioni che non erano espressione di nessun potere; inoltre tra quelli della lista ci sono edifici storici, come il palazzo dove sta la sede milanese di Manpower, in viale Majno, che non appartengono alla Manpower ma alla cittadinanza, essendo il palazzo in bella vista in una zona centrale e frequentata della città.

Non mi interessa entrare nel merito. Se le scritte siano protesta o vandalismo ognuno decide per suo conto. Cosa è successo dopo? Diversi personaggi che si cibano di strumentalizzazione e banalità (il cui elettorato è, a senso, orientato diversamente da quello di Fedez, tipo Salvini e Facci) hanno commentato o fatto dichiarazioni in proposito già dall’istante successivo al tweet, tirando il cantante per la giacchetta, chiedendogli conto anche di affermazioni che lui non aveva mai fatto. Continua a leggere “Fedez e i NoExpo: le non-notizie e il mostro che il giornalismo ha creato”

Twitter e il tempo delle notizie: caso GermanWings

Oggi, poco prima delle 11, un aereo Germanwings è precipitato nel sud della Francia.
Ho letto la notizia praticamente in contemporanea e ho cominciato a vedere come girava anche questa notizia su Twitter. L’avevo già fatto per la vicenda di Charlie Hebdo e per il recente attentato al museo del Bardo di Tunisi.

C’è una sostanziale differenza tra questo caso e gli eventi di Parigi sia di Tunisi. In questi ultimi due le agenzie e gli organi di stampa – si parla sempre di provider di news ufficiali – manifestavano una confusione spaventosa sul numero di vittime.
Perchè? Quel che scrivevo nel pezzo su Charlie era che la confusione deriva proprio dalla struttura del mezzo Twitter. Fonti che non sono controllabili vengono riprese da account affidabili e successivamente dalle grandi agenzie. Le fonti (cioè i primi che hanno scritto qualche cosa) rimangono magari sconosciute; la notizia che hanno lanciato però diventa ufficiale. Tutto bene, fino a che la notizia non si rivela falsa o parziale. Di nuovo ci sarebbe da chiedersi perchè. E la risposta va cercata nella rapidità e nell’attualità che Twitter consente all’informazione. Una diretta assoluta, un presente unico in cui i giornalisti non hanno il tempo materiale rispettare quel grande requisito di una volta (e di oggi, per qualcuno, per fortuna) della veridicità di una fonte. Canali All news 24 e Twitter. La società vuole essere sempre sul pezzo. Manifesta (o si crea) un nuovo bisogno di informazione contemporanea al fatto. 

Questo secondo aspetto è quello che emerge meglio dal caso di oggi. Sul primo, cioè sul numero delle vittime, oggi non c’era possibilità di errore. Sono morti tutti. Nessun sopravvissuto. Ma sulla contemporaneità tra fatto e informazione la vicenda oggi rappresenta un ottimo esempio. Continua a leggere “Twitter e il tempo delle notizie: caso GermanWings”

Vivere e morire nelle stragi ai tempi di Twitter

Vivere e morire nelle stragi ai tempi di Twitter. Già durante la strage di Charlie Hebdo a Parigi le agenzie davano costantemente degli aggiornamenti su Twitter, ma con fonti mai confermate, essendo però loro stessi delle fonti affidabili. Ovvero la storia funziona così: se un agenzia come AFP scrive qualcosa di non confermato, per il fatto che quella notizia (vera – falsa – presunta) sia scritta da AFP, essa diventa una notizia affidabile e altre agenzie/giornali/persone la riprendono convinti sia veritiera (non vera, ma poco ci manca).
Ne avevo scritto, e allora come oggi il nodo principale riguardava la cosa più importante: le persone, e ancor più grave il numero dei decessi. Continua a leggere “Vivere e morire nelle stragi ai tempi di Twitter”

Odiare a vanvera. Quello che Salvini non dice.

Il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini in relativamente poco tempo ha portato un partito semi-disastrato dagli scandali e orfano del caro leader Umberto Bossi a fasti dimenticati, stravolgendo la linea del partito e avvalendosi di qualcosa che i vecchi leghisti non avevano: i social networks.
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