Una solitudine troppo rumorosa #10 – Calabresi, Ad occhi aperti

McCurry, Koudelka, McCullin, Erwitt, Fusco, Webb, Basilico, Abbas, Pellegrin, Salgado. Nomi di chi ha avuto la storia sull’indice: una pressione e fotografie che sono iconiche. Sono dieci nomi, ma potrebbero essere molti di più. Dieci è un numero tondo, perfetto, testamentario. Mario Calabresi – ex direttore de La Stampa, da gennaio 2016 sostituto di Scalfari in vetta a Repubblica – corre sulle tracce di questi … Continua a leggere Una solitudine troppo rumorosa #10 – Calabresi, Ad occhi aperti

Baltimora e il meltin pot tra professionisti e amatori del giornalismo contemporaneo

Qualche giorno fa TIME ha raccontato una storia particolarmente significativa per capire quello che sta succedendo nel mondo del giornalismo contemporaneo. Qualche premessa, prima. Continua a leggere “Baltimora e il meltin pot tra professionisti e amatori del giornalismo contemporaneo”

Steve McCurry – Le vite degli altri (6/6)

Questo è l’ultimo articolo della serie. Ne sono usciti altri cinque, che trovate nei link a seguito: AFGHANISTAN ’79 E LE STORIE CHE DEVONO ESSERE RACCONTATE (1/6); COMPROMETTERSI PER DIVENTARE PARTE DELLA STORIA (2/6); FIABE DALL’INDIA (3/6); DISTRUZIONE (4/6); TECNICA E GEOMETRIA DI UN FOTOGRAFO (5/6).

L’ultima fotografia è la ragazza afghana. Un’icona planetaria; una foto che tutto il mondo ha visto e interiorizzato. Occhi verdi, un velo rosso. La seduta leggermente fuori asse rispetto alla macchina fotografica, gli occhi puntati. Continua a leggere “Steve McCurry – Le vite degli altri (6/6)”

Steve McCurry – Tecnica e geometria di un fotografo (5/6)

L’articolo che segue è la quinta parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La prima parte si può leggere qui. La seconda parte la trovate qua. La terza parte è qui. La quarta parte è qui e infine la sesta parte, ultima.

Ho cominciato questa lunghissima trattazione di McCurry seguendo una specie di evoluzione storica della sua fotografia. Nei quattro articoli precedenti ho alternato due storie personali di McCurry, entrambe legate all’India, e due momenti storici importanti per aver proiettato McCurry verso il tipo di fotografo che oggi conosciamo e che abbiamo in mente. A questo, possiamo dire l’aspetto più storico-interpretativo della fotografia di McCurry, se ne deve affiancare necessariamente uno di natura tecnica. McCurry è anche un fotografo molto tecnico, ed è la combinazione della qualità della fotografia unita al soggetto fotografato (che può anche essere un posto, non necessariamente una persona) a rendere le sue foto una riferimento della fotografia contemporanea.
Non ho una grande competenza sulla tecnica fotografica, quindi mi appello soprattutto a quel che ho letto su McCurry da chi, molto meglio di me, ne ha analizzato gli aspetti tecnici.

Sono essenzialmente tre gli aspetti riconoscibili, a livello tecnico, delle fotografie di McCurry. Continua a leggere “Steve McCurry – Tecnica e geometria di un fotografo (5/6)”

Steve McCurry – Distruzione (4/6)

L’articolo che segue è la quarta parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La prima parte la trovate quaLa seconda qua. La terza parte è qui. Seguono la quinta partesesta parte.

La quarta foto è distruzione.

Macerie, nel cuore del mondo. Il fumo, la polvere. Rovine di un posto, resti di un simbolo. Nelle coscienze di tutti una spaccatura, una crepa di paura da cui poi, come edera, monterà la fobia di un’insensatezza chiamata fondamentalismo, perchè da quella crepa usciranno anche (tra gli altri) Madrid 2004 (191 morti), la metropolitana di Londra 2005 (56 morti), Boko Haram in Nigeria, l’attentato a Charlie Hebdo di Parigi, due guerre (Afghanistan e Iraq), l’ISIS.
“Siamo tutti americani”, scriverà sulla prima pagina del Corriere del 12 settembre Ferruccio De Bortoli, il direttore, parafrasando Kennedy di fronte al muro con i berlinesi. Una bella frase, che non trova però terreno fertile. Mai come prima il mondo si spacca in due, perchè in quella crepa viene incubata la rabbia e l’orgoglio o la stupidità delle più svariate dietrologie complottiste sull’autolesionismo americano orchestrato da CIA, FBI, ebrei, massoni, Bilderberg, Trilaterale…

USA-10011NF3_0 Continua a leggere “Steve McCurry – Distruzione (4/6)”

Steve McCurry – Fiabe dall’india (3/6)

L’articolo che segue è la terza parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La seconda parte la trovate qua, la prima qui. Ci sono poi la quarta parte, la quinta parte e la sesta parte.

La terza foto è la fiaba raccontata, di un posto lontano.
Un treno nero e tanto fumo. Due uomini, al centro della foto, abbarbicati sul muso della locomotiva.
Alle spalle, in secondo piano e abbastanza sfocato da poter essere un sogno, il Taj Mahal. Siamo ad Agra, in India, ed è il 1983.

Workers move a steam locomotive at the railway yard in Agra, near Taj Mahal, Pradesh, India, 1983

Nel 1978 McCurry lascia il giornale di Philadelphia per il quale lavora come fotografo per partire verso l’India, ed è una storia già raccontata. Aveva viaggiato in Africa e in Sud America. Un anno l’aveva passato a rincorrere le donne d’Europa, cercando di consumare quel poco che era rimasto del fascino liberatore dell’americano nel vecchio continente. Mancava quella parte di mondo, e c’era da rispondere ad una chiamata, quasi fosse una forma di rivelazione.

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Steve McCurry – Compromettersi per diventare parte della storia (2/6)

L’articolo che segue è la seconda parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La prima parte la trovate qua. Seguono la terza partequarta partequinta partesesta parte.

La seconda foto è il compromesso.
Un uomo con l’acqua alla gola, una macchina da cucire arrugginita sulle spalle e un sorriso imbarazzato, di chi sa di essere fotografato e quindi toglie lo sguardo dall’obiettivo. L’uomo della foto ha l’acqua alla gola solo letteralmente, perchè la metafora non bacia. È un uomo che appartiene a quel tipo di gente che all’acqua alla gola ci fa l’abitudine, e non c’è disperazione e tragedia negli occhi. Per questo sorride. Porta a spalla una macchina da cucire; fa il sarto. Il “sarto del Gujarat”.

Lo si vede ridere perchè dall’altra parte dell’inquadratura, dietro McCurry, ci sono dei ragazzini. McCurry ha detto in un’intervista che “Quando l’ho notato era serio e preoccupato, poi alcuni ragazzi si sono accorti di me e hanno cominciato a gridargli di sorridere, perchè lo stavano fotografando. Lo prendevano in giro, infatti se lo guardi bene capisci che c’è anche imbarazzo sulla sua faccia”.
Qualche tempo dopo grazie a questa foto riceverà una macchina da cucire nuova di zecca, con cui poter lavorare meglio.
Il piano inquadratura è parallelo rispetto al soggetto. Non è una foto scattata dall’alto, come le condizioni darebbero da pensare. L’acqua sarà stata alta un metro e mezzo, al minimo. Probabilmente qualche decina di centimetri di più. Significa che Steve McCurry questa foto la scatta nelle stesse condizioni del suo soggetto. Acqua alla gola e la macchina fotografica sulla testa. È il 1983, e lui è in India da un anno. Sono gli anni in cui scatta le fotografie che lo renderanno immortale. Ma arriva il Monsone, e i suoi altri progetti vengono messi in stand-by. Il monsone va fotografato. Va seguito. Va rincorso.

compromettersi

Dopo la Robert Capa Golden Medal del 1980, ottenuta grazie alla copertura di quel che era successo e succedeva in Afghanistan dal 1979, McCurry era diventato un fotoreporter la cui qualità dei progetti era da subito apparsa indiscutibile, e questo l’aveva reso un fotografo conteso. Continua a leggere “Steve McCurry – Compromettersi per diventare parte della storia (2/6)”

Steve McCurry – Afghanistan ’79 e le storie che devono essere raccontate (1/6)

Il pezzo che segue è il primo di una serie di sei articoli che verranno pubblicati sul fotografo americano Steve McCurry. Seguono la seconda parteterza partequarta partequinta partesesta parte.

La prima foto è un affidarsi.
Si vedono tante persone di etnia Pashtun con il capo chino. Davanti a loro, a terra, una stuoia ricoperta di vecchi fucili sovietici. Al centro se ne riconosce uno tenuto insieme a fortuna, sperando che faccia il suo dovere quando la storia chiama e una battaglia, o l’atto di una resistenza, deve fare il suo corso. Ci sono più uomini che fucili. La foto è tagliata, il quadro è limitato. Ma è una realtà. Le armi non ci sono, non ancora; non una per ogni combattente. Ma arriveranno, ci sarà un alleato forte. Il più forte di tutti, che farà arrivare missili contraerei dal Pakistan, a dorso di mulo.
Le persone nella foto sono mujaheddin. I combattenti della jihad, della guerra santa islamica. Ma è tradizione di una vecchia stampa che dava poco conto alla terminologia specifica. Oggi dire mujaheddin è un cosa che inquadra un combattente verso un sistema di fondamentalismo che invece, dentro quella foto, è molto più sfumato verso l’appartenenza ad uno specifico territorio.
Dal 1973 l’Afghanistan è una repubblica. Traballante; sono gli anni settanta del comunismo mondiale. Infatti traballa un po’ troppo, zoppica, e poi quando cade sarà guerra. Invadono i russi, ancora. I comunisti d’Europa sono chiamati all’ennesimo atto di fede cieca verso un imperialismo rosso. Dopo la Polonia. Dopo l’Ungheria. Dopo la Cecoslovacchia.
I russi arrivano per combattere i mujaheddin, che quel governo repubblicano fantoccio russo non lo vogliono. Arriveranno anche gli Stati Uniti, ma dall’altra parte. Finanzieranno proprio coloro cui faranno una guerra all’inizio del millennio successivo, cosa che a guardarla oggi suona addirittura ossimorica. Nel frattempo, da una parte URSS, dall’altra USA. Una guerra tra loro, ma con pedine estranee, come fu la Corea nel ’50 e come fu poi il primo Vietnam. Continua a leggere “Steve McCurry – Afghanistan ’79 e le storie che devono essere raccontate (1/6)”

L’Instituto di Sebastiao Salgado, sale per la Terra

Nei cinema c’è un film che in realtà è un documentario, si intitola Il sale della Terra ed è l’opera di Wim Wenders sul fotografo Sebastiao Salgado. Io a vederlo ci sono andato per caso, volevo guardare Trash, scomparso improvvisamente dalle sale di tutta Milano, e una mia amica mi ha proposto questa pellicola come alternativa. Continua a leggere “L’Instituto di Sebastiao Salgado, sale per la Terra”