di Roberto Signorelli,
scritto a quattro mani con Vincenzo Sangalli.
Londra, Febbraio 2008. Visitavo Stamford Bridge, la casa del Chelsea, seguendo un meraviglioso tour guidato.
Dentro lo spogliatoio ci mostrano le maglie dei giocatori. La 8 di Lampard, la 7 di Sheva, la 11 di Drogba. Poi la guida si sofferma sulla maglia del capitano, la 26 di John Terry.
7, 8, 11 sono tutti numeri convenzionali, associati ad un preciso ruolo in campo.
Nella mente di tutti la domanda è spontanea, perché proprio quel numero? Perché il 26?La guida lo spiegò con una incredibile semplicità: il difensore inglese scelse quel numero ad inizio carriera, nel 1998, per potersi sedere di fianco a chi indossava la maglia numero 25. Chi? Gianfranco Zola.
Non solo Terry, ma tutti i tifosi del Chelsea, erano affascinati dal talento del calciatore sardo. Di piú, tutto il calcio inglese ne era innamorato, lo fu sin da subito e lo è tutt’ora.
Quando nasce questo longevo amore? Siamo nell’inverno 1997, mancano due giorni a San Valentino, l’Italia deve giocare contro l’Inghilterra,e ovviamente si gioca a Wembley, la casa della Nazionale inglese.
Prima di allora solo una volta, era un altrettanto freddo 14 Novembre 1973, gli azzurri riuscirono ad espugnare lo storico stadio londinese e poi ci riuscirono di nuovo quella sera, per 1-0, grazie ad un gol proprio di Gianfranco Zola, che uscì dal campo applaudito da tutto il pubblico.
Una standing ovation tributata dai tifosi della squadra di casa ad un giocatore avversario, e pure straniero. Non è una cosa che accade spesso.
Negli ultimi anni è successo poche volte e al pari di Zola, si è sempre trattato di grani campioni in grandi stadi, come Ronaldinho o Del Piero, che ricevettero la standing ovation davanti al pubblico del Santiago Bernabeu, entrambi in occasione di una netta sconfitta del Real Madrid. Il primo uscì dal campo sullo 0-3 di un Clasico dominato con un assist e due goal, entrambi segnati partendo dalla trequarti offensiva destra, dribblando metà difesa e appoggiando alle spalle di un Casillas immobile per lo stupore; il secondo raccolse gli applausi alla fine di uno 0-2 frutto di una sua doppietta consistente delle sue specialità: tiro a giro di destro sul secondo palo e goal direttamente da calcio di punizione.
Prima della sua avventura al Chelsea, iniziata nel 1996 e terminata nel 2003, il talento sardo aveva militato nel Napoli dall’89 al ’93. In questi quattro anni vinse un campionato e una supercoppa italiana, disputando 105 partite e segnando 32 gol, diventando uno degli attaccanti migliori in Italia. Dopo Napoli andò al Parma, nel 1993, provocando qualche malumore tra i tifosi che lo accusarono di tradimento, nonostante Zola avesse spiegato che, ad andarsene, fu costretto per via delle difficoltà economiche della società.
In emilia si mise in mostra aprendosi le porte verso il calcio internazionale. Vinse una Coppa UEFA e una Supercoppa UEFA. Mantenendo una media di quasi un goal ogni due partite ma nel 1996, causa dell’arrivo di Stoichkov che giocava nel suo stesso ruolo e le incomprensioni con il nuovo allenatore, Carlo Ancelotti, decise di andarsene. Quella scelta divenne probabilmente la più importante della sua carriera.
Gianfranco Zola arriva a Londra quando ha 30 anni e se ne andrà all’alba dei 40 per seguire il cuore e tornare nella sua terra, la Sardegna, a Cagliari ovviamente. Quasi dieci anni, abbastanza per diventare una leggenda.
Il calciatore sardo in quegli anni venne soprannominato Magic Box per la sua capacità di inventare dal nulla una giocata incredibile, come accadde il 16 Gennaio 2002.
Quel giorno Zola segnò un goal memorabile contro il Norwich durante una partita di Coppa d’Inghilterra il 16 gennaio del 2002. Il Chelsea si conquista un calcio d’angolo sulla destra, lo va a battere Graeme Le Saux. il pallone arriva a mezza altezza, Zola anticipa tutti i suoi avversari tagliando deciso sul primo e poi la magia: il numero 25 si lascia passare il pallone sotto la gamba davanti e lo colpisce con l’altra, di tacco(!). La palla finisce sotto l’incrocio e lo Stamford Bridge impazzisce di gioia!
Il goal è un insieme di astuzia, tecnica e velocità, tanto che entrerà nelle classifiche dei gol più belli di tutti i tempi.
Il suo ruolo era quello di seconda punta, probabilmente lo si poteva considerare l’antenato del trequartista, ovvero un calciatore in grado di ispirare i compagni con giocate magnifiche e di concludere le azioni con reti spettacolari.
Il suo arrivo a Londra, insieme a quello di altri giocatori di livello – nella prima metà degli anni novanta infatti, oltre a Zola, i Blues acquistarono Gianluca Vialli, Roberto Di Matteo, Tore André Flo e Frank Leboeuf – contribuì a far tornare il Chelsea tra la grandi del calcio inglese,
Con Ruud Gullit alla guida nel ruolo di allenatore-giocatore, la squadra londinese riuscì a riportare un trofeo a Stamford Bridge dopo 26 anni( l’ultimo era stato la Coppa delle Coppe) con la vittoria nel 1997 della FA CUP. Come successore dell’olandese venne ingaggiato, sempre con il ruolo doppio di allenatore e giocatore, Gianluca Vialli, che portò in bacheca altri due trofei, la League Cup e la Coppa delle Coppe nel 1998, quest’ultima grazie a un gol proprio di Gianfranco Zola.
Negli anni successivi il Chelsea si affermò tra le grandi d’Inghilterra e anche d’Europa, partecipando per la prima volta alla Champions League e trionfando ancora una volta in FA CUP. A Stamford Bridge si accasarono numerosi calciatori importanti, la coppia di campioni del mondo francesi, Desailly e Deschamps, poi Hasselbaink, Gudjohnsen e, dopo l’avvicendarsi in panchina tra Vialli e Claudio Ranieri, anche Gallas, Lampard e quel John Terry, prima numero 26 e poi storico capitano dei Blues.
Ranieri ottenne buoni risultati senza però riuscire a trionfare in nessuna competizione, non abbastanza per il magnate russo Roman Abramovic che, acquistato il Chelsea nel 2003, lo esonerò l’estate successiva in favore di Josè Mourinho.
Abramovich, che nel 2004 spese cifre incredibili per potenziare la rosa, non riuscì a convincere Zola a rimanere ancora un’altro anno a Londra L’ormai trentottenne calciatore sardo voleva chiudere la carriera nella sua terra, in Sardegna, con il Cagliari. Il Chelsea di Mourinho, pur senza The Magic Box riuscì a conquistare il titolo di campione d’Inghilterra, dopo quasi cinquant’anni dall’ultimo successo, e a centrare il double con la vittoria della League Cup.
Zola arriva al Cagliari in Serie B. Quell’anno il talento di casa guida la squadra alla promozione e nell’anno successivo, il 2005, grazie a 10 gol in campionato, permette al Cagliari di salvarsi con tranquillità.
A fine stagione, Zola annuncia il ritiro. La sua ultima partita sarà a Torino contro la Juventus: il Cagliari per 4 a 2, ma il talento sardo realizza una doppietta,congedandosi dal suo pubblico nel migliore dei modi.
Il Cagliari ritirò la sua maglia numero 10, così come aveva fatto il Chelsea con la maglia numero 25. A Londra fu nominato Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico, votato come miglior giocatore della storia dei Blues e successivamente, in Italia, ricevette anche il Premio Scirea alla carriera e il Pallone d’argento per il suo fairplay, dimostrando ancora una volta quanto fosse un campione, e non solo dentro il rettangolo di gioco.
Gianfranzo Zola è stato un grande calciatore, e lo fu anche grazie agli insegnamenti di un compagno e amico che, prima di andarsene da Napoli, lo battezzò come suo erede e gli consegnò la maglia numero 10. Il suo nome? Diego Armando Maradona.