Siamo a Ferrara e parliamo di uno studente lavoratore laureato in Scienze e tecnologie della comunicazione, che per passione fa il poeta. Si firma Ma rea ma il suo nome è Andrea Masiero, e questo è tutto quello che si sa di lui.
Scrive assiduamente dal 2011 ma solo dallo scorso anno la sua poesia ha cominciato a confrontarsi, fisicamente si intende, con la città, anzi le città. Ferrara, Padova, Senigallia, Venezia, Treviso, Bologna, Roma e anche Berlino e molte altre.
Ma rea. Come “marea”, ma divisa in due, così ha più ritmo. Ha spiegato Masiero in una intervista che l’intento del nome era quello di dare voce alla sua personalità un po’ debordante, una marea positiva, onnivora di interessi in ogni ambito: poesia, arte, scultura, fotografia. Ma rea come una marea di progetti e idee che si ricongiungono, vanno e vengono.
E l’artista non si pone limiti infatti, sperimenta con le sue iniziative tutte le espressioni artistiche che lo toccano e lo contaminano. Installazioni, street art, arte concettuale sono solo alcune delle sue ultime sperimentazioni: sempre tutto con la poesia al centro.
Esattamente dal maggio dell’anno scorso ha cominciato a farsi notare con “Una campagna al mese per una poesia palese”, una serie di iniziative che hanno come file rouge la sorpresa. Dei fruitori in primis, ma anche dell’artista stesso.
Cestinamenti. Questo è stato il primo step di Masiero: attaccare poesie ai cestini della spazzatura della sua città. Perché la poesia, il bello, te lo ritrovi dove meno te lo aspetti. Imboscateletterarie, seconda fase. Le poesie sono state inserite clandestinamente tra le pagine di libri, riviste e quotidiani presenti nelle biblioteche, librerie, bancarelle, edicole delle città.
Perchè la poesia ti salta addosso di sopresa. Una vera e propria imboscata.
Nomen Omen. Terzo momento: poesie su fogli a forma di biancheria appese sui fili del bucato nei giardini, nei viali, nei parchi. Perchè si tratta di poesia errante, che si muove nelle città con le quali l’artista sente di avere un legame affettivo.
L’intento è quello di “rompere la cornice”, decontestualizzare, creare sorpresa, straniamento, tenere desta l’attenzione dei destinatari, attivare la curiosità.
“Non mi interessa la poesia ferma nei libri, di quella si è ormai assuefatti. Con le mie azioni voglio proporre un’opera di svecchiamento della poesia. In questi casi è la poesia che va a trovare direttamente le persone, nei giardini, nei giornali, lungo i viali, anche nei bagni” spiega Masiero in un’intervista rilasciata a un quotidiano locale.
Sì, anche in bagno. Il quarto esperimento è infatti Igienicamente: rotoli di carta poetica nei bagni di luoghi simbolici della città di Ferrara, come quello del palazzo Renata di Francia, uno dei centri dell’Università degli studi di Ferrara, e quello di palazzo Schifanoia.
Su ogni velo un testo in versi. Al lettore decidere se staccare uno o più veli in base a quanto “ha bisogno di ripulirsi per mezzo della poesia”.
Prende vita subito dopo la quinta idea, Elegantismi. Poesie scritte su sagome di simboli dell’identità di genere come le collane, le cravatte, gli orecchini, i papillon. Le sagome si trovano appiccicate sugli oggetti presenti nella realtà urbana. Ogni simbolo di base viene usato secondo consuetudini prestabilite e associato all’uomo o alla donna. Lo scopo è quindi quello di mescolarli creando più combinazioni possibili. Su ogni sagoma una poesia legata al tema del pregiudizio, dello stereotipo, della consuetudine che blocca il flusso della libertà.
Surgelamenti è il titolo della sesta impresa di Ma Rea svoltasi a Bologna, Roma, Mantova, Verona, Treviso. Poesie tra i surgelati nei supermercati. Per l’esattezza, confezioni di “pesciolini di poesie surgelate”. Con la proposta al cliente di mettere in freezer una poesia per i momenti difficili nella speranza che sia d’aiuto e di sollievo.
E in ultimo Versi da bar. Salviettine poetiche nei contenitori dei tovagliolini in bar, pasticcerie, birrerie. L’idea è di prendere uno o più per ripulirsi la bocca da certi usi del linguaggio, volgarità, pressapochismo, superficialità di analisi, che contribuiscono a generare incomunicabilità e conflitti tra le persone. Le poesie sulle salviettine sono musicalità, passione, riflessione, divertimento e sorpresa: una sciacquata di bocca.
La provocazione della campagna è chiara e la dialettica tra la poesia e le diverse forme in cui viene mostrata anche. L’ispirazione dell’autore è l’artista cubano Gonzàles-Torres (1957-1996). Molte delle sue opere consistono in accumuli di caramelle e pile di manifesti di carta che il pubblico può prendere e portare via. Lo spazio raffigurato è quello dell’intersoggettività, del contatto tra gli individui. Il centro della sua scelta artistica si basa sullo scambio e sulla condivisione con il pubblico. Il fatto che gli oggetti utilizzati dall’artista siano messi a disposizione e siano spesso comuni e quotidiani non implica necessariamente la loro banalizzazione: nel mucchio di caramelle c’è una continua oscillazione tra la forma e la sua sparizione, la bellezza dell’impatto e la modestia, la meraviglia infantile e la complessità dei livelli di lettura. Ogni opera crea intorno a sé una collettività di spettatori-partecipanti che sono incitati a prendere parte al lavoro e attivare l’opera. Non esistono disegni preparatori delle opere di Gonzàlez-Torres perché il pubblico non deve trovarsi di fronte all’insicurezza lenta che precede la formazione degli oggetti ma deve essere coinvolto e provocato nell’immediato: “Io ho bisogno dello spettatore, dell’interazione del pubblico. Senza pubblico i miei lavori sono nulla. Il pubblico completa i miei lavori: gli chiedo di aiutarmi, di prendersi una responsabilità, di diventare parte del mio lavoro, di unirsi a me”, questo il nocciolo del discorso.
Dopo questo ironico biglietto da visita Masiero ha messo a punto lo scorso dicembre il progetto Sconfinamenti con il quale, spiega dalla sua pagina facebook “Lo stendiversomio”, l’intento è quello di far emergere il valore poetico di alcuni oggetti dimostrando così la loro dimensione comunicativa in una sorta di andirivieni da un linguaggio all’altro. La poesia quindi intesa come slancio e dimensione che non deriva esclusivamente dal linguaggio verbale, dalle parole, ma anche dagli oggetti stessi, che diventano pretesto per creare una forma poetica. A partire da una riflessione sull’infanzia e le sue forme di evasione o di interpretazione della realtà.
In procinto di avviarsi invece Patch Poetry, per ora solo un patchwork enorme di poesie, che verrà presentato proprio oggi, 22 maggio, a Ferrara.
Far arrivare la poesia in luoghi prima impensabili, farla cadere addosso alle persone, provocare un’emozione, sconvolgere, straniare, confondere, attirare l’attenzione. Questo il fine ultimo di Masiero e del suo “Stendiversomio”. Una combinazione tra “stendibiancheria” e “versuro”, espressione dialettale veneta che indica l’aratro, che altro non è se non la tecnica creativa dell’artista stesso, che con l’aratro fa emergere dal fondo le emozioni, le espressioni, le immagini, collegandole tra loro in versi e concetti, e poi “li appende e li lascia asciugare sullo stendibiancheria in attesa che si consolidino e si attivi il loro significato complessivo”. Sulla buona strada di certo, almeno quanto a creatività.
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