I fatti di Milano, dove finisce la democrazia?

1 Maggio 2015, Milano inaugura EXPO nei suoi padiglioni di Rho appena fuori città. 1 Maggio 2015, Milano è ostaggio di pochi manifestanti NOEXPO che mettono a ferro e fuoco il centro della città.
Le Forze dell’Ordine gestiscono la situazione ed evitano il peggio, nello stesso giorno in cui la città, esposta agli occhi del mondo, voleva far vedere il suo meglio.

La zona interessata dalle violenze si trova a Nord-Ovest. Va più o meno, partendo dal centro andando verso fuori, da Piazza della Resistenza Partigiana a Piazza della Conciliazione, di mezzo Sant’Ambrogio, Santa Maria delle Grazie e Corso Magenta,posti familiari non solo per chi a Milano ci abita ma anche per turisti, luoghi in cui Milano custodisce porzioni della sua frammentata bellezza: alcune ben visibili in superficie, come le facciate dei palazzi e delle chiese, altre nascoste all’occhio dei passanti, come l’Ultima Cena di Leonardo.

I giornali raccontano che lanci di pietre, fumogeni e molotov, agguati a banche e attività private, incendi di macchine sono iniziati poco prima delle 16:00 per mano di un gruppo di circa 500 black bloc che, infiltratisi nel corteo principale di manifestanti contrari a EXPO, se ne sono poi staccati per ingaggiare il loro percorso di violenza che li ha inevitabilmente messi di fronte alle Forze dell’Ordine.
Pochi gli arresti, la maggior parte dei manifestanti si è dispersa, molti di loro sono riusciti a far perdere le tracce abbandonando la tradizionale divisa nera in favore di abiti civili.
La reazione della cittadinanza è stata immediata. Tanti volontari sono scesi in strada per rimettere ordine in città, ancora di più hanno fatto sentire la loro opinione sui social network, pressoché tutti hanno stigmatizzato quanto accaduto.

Su Internet, mentre le testate giornalistiche si davano da fare per raccogliere il maggior numero d’informazioni senza curare minimamente la forma in cui le mettevano a disposizione degli utenti(l’articolo di Repubblica a riguardo è stato per ore un accozzaglia di sovrapposizioni e ripetizioni senza riferimenti temporali), la parte più recente dell’opinione pubblica, quella dei social network, faceva valere tutta la sua forza verbale, accusando i black bloc di aver di fatto interrotto la democrazia nel momento in cui hanno trasformato la protesta da civile a violenta.
Migliaia di stati Facebook e commenti, foto e video, la maggior parte dei quali inneggianti alla violenza, ma contro i black bloc, hanno invaso il web.
In particolar modo ha fatto un grande scalpore l’intervista che Fedocci, inviato di TGCOM24, ha realizzato ad un ragazzo(che potete trovare qui) il quale racconta di aver assistito agli scontri dall’interno, ma di non aver purtroppo partecipato perché privo di un qualsiasi oggetto da lanciare o atto a spaccare o capace di dare fuoco.
Il ragazzo in tutta tranquillità giustifica gli scontri, frutto di una situazione di disagio dalla quale non si riesce a farsi ascoltare in altro modo, mentre il giornalista, ignorando completamente le sue motivazioni(a dirla tutta espresse in una maniera che fa pensare che di idee ne avesse poche e non molto chiare, o quantomeno non adeguatamente argomentate), continuava a chiedergli il perché di una violenza fine a se stessa(il fine in realtà lo si capisce, è la protesta).

Da una parte, insieme al ragazzo che si rammaricava di non essere stato violento, i black bloc, dall’altro lato una fetta del popolo di Facebook che si augura che sia fatta violenza su di loro. Gli uni antidemocratici, gli altri custodi della democrazia. Questo a detta dei secondi.
In realtà l’idea di prendere a botte chi non è d’accordo con te non è democratica né espressa con una spranga sulle strade né dietro al monitor del computer. Ovviamente il passare dal pensiero all’atto fa la differenza sul piano pratico, ma su quello ideologico la distanza è la stessa.
Nella nostra democrazia l’uso della violenza è, per fortuna, condannato e il suo privilegio è riservato di chi deve mantenere l’ordine, che lo può utilizzare per fermare chi, utilizzando la violenza in maniera illecita(senza averne il permesso), va contro le regole della società.
Che esistano omicidi, ladri e vandali è concepito dalla democrazia, e ad essi esiste una risposta che, in caso di necessità, prevede la violenza, ma solo quella di poche persone che sanno come e quando utilizzarla, nei limiti ad essi, e ad essa, concessi. Tutto il resto non è democrazia, almeno non la nostra.

La democrazia non finisce quando viene violata, ma quando qualcuno la mette in dubbio.

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