Il Tempo dei fumetti: lo spazio, un pizzico di filosofia e qualche eccezione

Una mia passione è senz’altro quella per fumetti. Leggo tutto, non tutto tutto, in effetti ne leggo pochi. Ma tutto quello che mi interessa. Dai multiversi dei super-eroi americani alle infinite saghe sull’amicizia dei manga giapponesi sino alle strisce quotidiane.
Ho sempre desiderato avere una grande collezione ma non ho mai avuto l’applicazione necessaria per costruirmela così come la vorrei. Sullo scaffale c’è una mezza collezione de Il Morto, fumetto italiano senza futuro, qualche dozzina di Rat-Man, pochi volumi di One Piece e un certo numero di cianfrusaglie legata a membri più o meno conosciuti degli Avengers. Nulla di che.
Sfogliare le pagine degli albi è per me una piacevole sorpresa la prima volta, e un curioso desiderio tutte le successive. È stato così un felice passatempo dovermene occupare durante la stesura della mia tesi di laurea.
Avendo a che fare col modo speciale in cui film trattano la temporalità – essi sono infatti in grado di rappresentare il tempo per mezzo del tempo stesso – mi sono reso conto di una cosa a cui non avevo mai pensato. E cioè che pure i fumetti dispongono un modo tutto loro di esprimere il tempo, ed è quello di farlo per mezzo dello spazio. In quale modo?

L’ordine in cui facciamo scorrere gli occhi sulla tavola, da una parte all’altra della pagina, dall’alto verso il basso e, in alcuni casi, secondo le indicazioni del disegnatore, esprime un ordine cronologico. Ogni riquadro mostra un evento che, in base alla sua posizione rispetto agli altri riquadri-evento, si colloca primo o dopo di essi. Il vettore-tempo scorre sulla direzione pagine-del-fumetto poi, che il verso sia da sinistra verso destra, per il mondo intero, o da destra verso sinistra, come da tradizione asiatica, non cambia.
La posizione di un riquadro all’interno di una tavola indica precisamente la posizione che esso occupa nel tempo. In una classica striscia a fumetti ciò che viene disegnato a sinistra succede prima di quello che sta a destra, e ciò che c’è sopra avviene prima di quello che viene osservato di sotto.
Ci si prende subito la mano, è quasi naturale, tant’è vero che ai bambini non si spiega come devono leggere Topolino, glielo si da in mano e basta.
A volte, se l’autore è particolarmente creativo, si presentano alcune difficoltà, facili da superare con un po’ d’ingegno.
Prendiamo come esempio questa vignetta di Joaquin Lavado, in arte Quino, autore di Mafalda

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In questa striscia la protagonista è impegnata a difendere la sua tesi: a chi  vive nell’emisfero australe le idee cadono dalla testa, perché vive col capo in giù. 
Per farci capire meglio di cosa stava parlando, il disegnatore ha ribaltato sull’asse orizzontale la vignetta ma il risultato non è cambiato. A sinistra c’è quello che viene prima, a destra quello che viene dopo. Tutto nella norma.

Non è così per i romanzi, non è così per i film.
I romanzi si leggono anch’essi, come i linguaggi in cui sono scritti, secondo un verso, è vero, ma questo non caratterizza in nessuno mondo l’ordine cronologico degli eventi. La chiave per decifrare la giusta sequenza dei fatti sta nel significato delle parole, non nell’ordine in cui sono disposte le lettere in una parola o le parole in una frase.
I film come già detto esprimono il tempo per mezzo del tempo. Le immagini cinematografiche non sono disposte nello spazio, ma si susseguono su un supporto fisso che è lo schermo; la spazialità, ancora una volta, non ha nessun ruolo nella rappresentazione temporale.
Grazie a quanto detto possiamo affermare che lo spazio assume, nel fumetto, una funzione peculiare rispetto a tutte le altre opere di finzione e che, a differenza di quanto accade nella realtà, in cui spazio e tempo sono due dimensioni indipendenti, lo spazio si fa carico della temporalità. Un’eccezione a cui è possibile eccepire se si ha una grande dimesitchezza col mezzo.
È il caso di alcuni grandi fumettisti che, tramite la grande conoscenza dello strumento a loro disposizione, hanno sfruttato a pieno le possibilità delle loro opere.

È il caso di Bill Watterson, disegnatore di Calvin & Hobbes

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Nella striscia vediamo Calvin, in uno dei pochi momenti in cui si separa da Hobbes, correre verso l’altalena e cominciare a dondolarsi. Piano piano, e mano a mano che si spinge più in alto, la gioia cresce in lui che per la cognizione del tempo, sino a quando si chiede se forse non ha sentito il suono della campanella che segna la fine dell’intervallo.
Ciò che è interessante notare è l’utilizzo dei riquadri da parte di Watterson.
Abbiamo detto che spostare lo sguardo da sinistra a destra ci permette di osservare l’ordine cronologico dei fatti e che, tradizionalmente, ogni riquadro mostra un evento.
Se la prima condizione è rispettata – a sinistra c’è il “prima” e a destra il “dopo” – non si può però dire lo stesso della seconda: Calvin dondola da un riquadro all’altro, rompendo le catene della tradizione, e ci invita a seguirlo qualche centimetro più avanti e, di conseguenza, qualche secondo più in là.
Lo spazio, statico, si proietta nella dimensione incessante del tempo, e il fumetto e la striscia ne guadagna in dinamicità.

È anche il caso, ancora una volta, di Quino

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La striscia mostra Mafalda che celebra una qualsivoglia cerimonia insieme con due suoi amici nel soggiorno di casa. Per l’occasione ha disteso un “tappeto” di carta igienica che va dal bagno al salotto di casa e questo ha fatto indispettire la madre; noi la vediamo giustificarsi dicendo: “Ma mamma, da quando in qua, una cerimonia ufficiale senza tappeto?”.
La striscia è formata da quattro riquadri, ma l’equivoco è evidente. I riquadri, al posto di mostrare diversi eventi, seguono il percorso del rotolo e, di fatto, solo nell’ultimo avviene qualcosa, però tutti sono da considerare uno contemporaneo all’altro.
A differenza della vignetta precedente, in cui le righe venivano inclinate, o scavalcate per dare l’idea del movimento e per illuderci di accompagnare Calvin nel suo libero dondolio, qui il fumettista utilizza le linee di separazione in modo convenzionale, ma rappresenta una scena in cui la dimensione temporale è annullata.
L’eccezionalità di questa striscia è così evidente che, dopo la prima lettura, la tentazione è quella di osservarla come se i riquadri non esistessero, come se fosse una foto panoramica. Il tempo è azzerato completamente dalla dimensione spaziale.

Ed eccoci arrivati alla fine.
Abbiamo fatto filosofia, per farlo abbiamo usato i fumetti, e abbiamo pure mostrato qualche eccezione, tutte le promesse del titolo sono state rispettate.
È stato mostrato che la dimensione spaziale, nei fumetti, ha anche la funzione di esprimere la temporalità e come questo permetta, con qualche espediente grafico, di giocare col tempo, rompendone gli schemi tradizionali o fermandolo. 

Le vignette proposte sono casi dell’espressione del genio mai domo di pochi che con la matita disegnano, pensano, vivono e danno vita. Il loro compito è solo di esplorare i limiti del proprio talento e, magari, di provocare il piacere di chi li legge. Lo stesso intento, talento a parte, era il mio, e spero di esserci riuscito.

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3 pensieri su “Il Tempo dei fumetti: lo spazio, un pizzico di filosofia e qualche eccezione

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