Sergio Mattarella è diventato il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana. Ha ottenuto 665 voti (quorum a 505). Lo hanno votato ufficialmente il PD, di cui era il candidato, oltre che NDC, SEL e Scelta civica.
I nazareni
Forza Italia è uscita da queste elezioni con le ossa rotte. Solo Gasparri, il cui senso politico è un crittogramma indecifrabie, dice che alla fine è tutto come prima. Le indicazioni di voto per i grandi elettori di FI era la scheda bianca (come fecero per Napolitano, cioè non a favore ma nemmeno contro), solo che i numeri li smentiscono: mancano all’appello di fedeltà trenta-quaranta voti di elettori che hanno deciso nel segreto dell’urna di votare uno dei candidati degli altri (Mattarella? Feltri?).
Sta di fatto che mentre Studio Aperto si inchinava medievalmente al diktat del monarca senza mandare in onda la diretta della vittoria di Mattarella (preferendo una ben più informativa pubblicità), i deputati/senatori/delegati regionali hanno preferito disobbedire al padre-padrone, lanciando Forza Italia in una sconfitta sì annunciata ma di proporzioni pià gravi del previsto, segnata dalla stessa divisione interna di cui si derideva il PD e suoi centouno franchi tiratori prodiani delle elezioni di due anni fa.
Ci sono i fittiani e ci sono i berlusconiani. Michaela Biancofiore attacca Verdini: “C’è una dialettica all’interno di Forza Italia, vedremo se ci sarà una spaccatura nei prossimi giorni. Il voto di oggi ha messo in evidenza una grande verità molto sentita all’interno del partito. Siamo stufi di essere eterodiretti da persone che non si confrontano all’interno del partito, nel caso specifico parlo del senatore Verdini. Denis Verdini ha distrutto molto del partito dal punto di vista dell’organizzazione territoriale e anche del consenso popolare”.
Ancora peggio va per NCD. Si è dimesso Sacconi e la portavoce Saltamartini. Mentre Alfano applaudiva entusiasta alla nomina di Mattarella, la De Girolamo, Quagliariello e Cicchitto erano statue di cera, immobilizzato forse dalla consapevolezza della loro Renzi-dipendenza senza ragion d’essere fuori da questo governo. Più che un timore è giustificato.
Chi è Mattarella?
Siciliano, settantaquattro anni, docente di diritto parlamentare, giudice della corte costituzionale. Moroteo (cioè della corrente democristiana di Aldo Moro, quindi a sinistra) e cattolico attivo nella Azione Cattolica. Famiglia di politici, un fratello (sempre appartenente alla DC) viene assassinato dalla mafia. Padre del Mattarellum, la legge elettorale che ha coperto le elezioni dal ’94 al 2001, ora dovrà essere garante della nuova legge elettorale, proprio mentre alla sua, fino a poco tempo fa, si guardava con nostalgia. Merito del Porcellum, non certo dei meriti del Mattarellum, che era un misto in parti di tanto maggioritario e poco proporzionale che guardava bonariamente al salvataggio dei partitini. Mattarella è tra i fondatori anche del PD; inviso a Berlusconi perchè nel 1990, allora ministro di Andreotti, si dimise in polemica con la legge Mammì sulle frequenze, legge che secondo molto permise a Berlusconi, attraverso i canali mediatici a disposizione, di diventare nel 1994 il personaggio che conosciamo.
Perchè si dice che ha vinto Renzi?
Renzi ha vinto con una mossa che politicamente ha uno spessore rilevante. Il nome è uscito solo giovedì, dopo che tutti gli analisti credevano si sarebbe raggiunto un compromesso figlio del patto del Nazareno. Invece no. Rispetto al suicidio di Bersani del 2013, Renzi ha tenuto i primi tre scrutini vuoti, non ha bruciato nessuno, anzi poi ha trovato con il suo candidato più consenso di quel che si aspettava.
E’ riuscito, almeno per qualche giorno, a ricompattare un partito diviso in correnti, che usciva dall’infelice vicenda di Cofferati e delle primarie liguri; che ha in Civati un possibile cavallo di Troia con una buona risonanza mediatica e che nonostante sia il primo partito perde punti nei sondaggi rispetto alle europee.
Inoltre Renzi è riuscito a imporre il suo candidato a Forza Italia. Come hanno detto sia Gasparri che Toti, viene lamentata una scarsa onestà nel processo di scelta, definita unilaterale, e non tanto nel candidato che, assicurano, è rispettabilissimo e degno di stima (i democristiani fanno sempre contenti tutti). Duro gioco della politica: lamentano le ginocchia sbucciate mentre l’avversario porta a casa il pallone. Imponendo un candidato che Forza Italia non ha potuto respingere (la scheda bianca equivale sostanzialmente ad un armistizio degli sconfitti) Renzi ha anche delegittimato il patto del Nazareno come argomentazione a suo sfavore. Ha fatto capire (sia vero o no) che quando tocca decidere tutto è nelle mani del PD, e quindi nelle sue. Con un processo di riforme sostanziali avviato (riforma elettorale e riforma del senato) ora più di prima Renzi è sicuro che Palazzo Chigi gli è più stretto che mai. Arriverà probabilmente a scadenza della legislatura (2018) senza che nessuno l’abbia mai votato (ma con una legittimazione indiretta dalle Europee). Mattarella, senza aver fatto ancora nulla, ha così stabilizzato la situazione. Ha cristallizzato lo stallo di chi voleva una lotta tra i contraenti del patto. Palpisti contro buonisti. Non c’è stata battaglia, gli spettatori sono rimasti a bocca asciutta. Vittoria schiacciante di Renzi senza nemmeno una vera partita, e il centrodestra, con poche eccezioni, ha fatto la figura di Sonny Liston al tappeto senza aver dato nemmeno un pugno. Il nuovo presidente, solo con la forza della sua candidatura, ha cristallizzato anche tutti i dissidenti PD che fino a ieri, e forse da domani, lamentavano politicamente la direzione governativa e di segreteria di Renzi. Applaudivano tutti. Fassina, Bersani, Bindi. Mattarella è il candidato di tutti, vai a capire se lo davvero è anche dello stesso Renzi che l’ha proposto.
Cosa scrivono i giornali
All’estero il Financial Times scrive che “Mattarella è l’opposto di Matteo Renzi. È introverso e austero, difficilmente fa delle apparizioni pubbliche o parla in tv. Rappresenta la vecchia guardia della classe politica italiana. Ma Renzi e Mattarella hanno due cose in comune: sono cattolici e moderati”.
Sottolinea poi come sia un nemico della mafia. L’ucciso fu il fratello e questo non lo mette di diritto come nemico della mafia, ma si vedrà. La maggior parte degli altri giornali scrivono cose di circostanza.
Ridet, corrispondente di LeMonde, fa una panoramica vincitori/perdenti. Da una parte Renzi e il PD, dall’altra Cinque stelle, NCD, Berlusconi.
In Italia tutte le prime pagine di domenica sono, comprensibilmente, per Mattarella. Grazie alla prima mossa di far visita alle fosse Ardeatine, pensata, simbolica e politica, anche i giornali si compattano nella Mattarella-mania. Mette d’accordo sia Avvenire (cattolico) che il Manifesto (comunista). Il primo per appartenenza confessionale; il secondo per il gesto (apprezzabilissimo) del neo-eletto. In mezzo stanno tutti gli altri: Repubblica e Corriere è da tre giorni che incensano il padre del Mattarellum. Fino alla settimana scorsa lo sconosciuto pacato-moderato-garantista-costituzionalista-eccetera era nome marginale alla rosa dei candidati e praticamente sconosciuto all’opinione. Finocchiaro, Fassino, Cantone, Prodi, Rodotà sembravano tutti un passo avanti, invece era solo fumo negli occhi. Mattarella chi?
Da tre giorni invece abbiamo imparato a conoscerlo e da subito i lettori fedeli della trinità Corriere-Repubblica-Stampa si sono picchiati una mano sulla fronte ricordandosi epifanicamente il nome del padre della patria fino ad allora dimenticato.
“Che presidente sarà”, titola il Corriere. Non è una domanda; lo sanno già. Infatti rispondono subito: garante verso tutti, ha come obiettivo ridare speranza ai cittadini. Dopo Napolitano il Corriere sembra mantenere, come i CCCP, la fedeltà alla linea quirinale, indipendentemente da chi sieda al colle. Addirittura Cazzullo Venerdì paragonava Mattarella a Giustiniano. Pax romana nel vero senso della parola.
In lutto sono Libero e il Giornale. Libero sceglie un “AMEN” riferito al suicidio del centrodestra. Il Giornale invece punta il dito verso le conseguenze del patto, ormai allo scatafascio. Editoriale di centro di Feltri; editoriale di destra di Sallusti che grida al tradimento tuonando “Renzi ha tradito” (stesso microchip neuronale di Gasparri); editoriale nella colonna sinistra di Piero Ostellino (ex Corriere) che inizia la nuova collaborazione scrivendo come l’illiberalità di Renzi (Renzi illiberale?) ha partorito un presidente riesumato dal cimitero democristiano. Fino a qui tutto di vero, ma Ostellino (forse a causa dell’età) dimentica (o tace) la vittoria netta del presidente del consiglio (per i motivi detti sopra), preferendo un po’ di caciara sul fatto che Mattarella è un uomo del passato e Renzi un innovatore solo a parole. Ostellino (apposta) descrive il dito del saggio che indica la luna. Aveva concluso la sua esperienza al Corriere gridando al complotto islamico contro l’occidente; ricomincia al Giornale gridando al complotto illiberale del giovane (machiavellico) fiorentino.
Quindi che presidente sarà Mattarella? È chiaro che è impossibile dirlo. Il profilo, per adeguato che sia, non garantisce nulla. Pertini fu Pertini dopo il suo mandato, non certo prima. Per adesso siamo nel mare magnum delle parole (tantissime) in cui i giornali sguazzano. Arriverà, tra sette anni, quello delle valutazioni.