Perchè ilPost.it è la migliore fonte di informazione in Italia

Una degli aspetti più cruciali del buon funzionamento di una democrazia sta nel fatto che i cittadini devono essere abbastanza informati. Per tanti motivi, alcuni c’entrano con la partecipazione alla democrazia, quindi quel che concerne l’aspetto politico della democrazia, ovvero il voto; altri per una cosa più astratta che si può chiamare coscienza collettiva, coscienza civile e simili.

Essendo umani è naturale l’imperfezione, ma è controproducente per il bene della collettività che le informazioni siano gestite in modo parziale e strumentale, quando non addirittura fabbricate (come se ne parlò in bel libro di Chomsky e Herman, La Fabbrica del consenso).

Una buona democrazia passa necessariamente attraverso media che fanno il loro dovere. La realtà, non solo politica, è costituita ormai di un linguaggio costantemente falso e ipocrita, in cui si persegue più l’efficacia che il contenuto (quando c’è). Molti slogan e molte pubblicità, anche quando non c’è nulla da vendere o da poter comprare.

Avevo in mente da qualche tempo di scrivere l’esempio italiano più vicino a questa idea (per comune idea di chi scrive qua sopra), che si sposa con una certa integrità deontologica del giornalismo. Tutto è stato accelerato leggendo i giornali delle ultime due settimane, in cui il temibile filo rosso dell’islamismo (cioè le politiche teocratiche collegate alla religione islamica, nella loro piega terroristica) ha unito tutti nel dare notizie che spesso non lo erano. Prima Charlie H., poi le due ragazze riscattate dalla Siria.

Astrologiche previsioni geopolitiche, mischiate ad una antropologia spicciola hanno reso possibile che tutti i commenti diventassero utili per sostenere una tesi piuttosto che un’altra. Si propugnava lo scontro di civiltà con la stessa facilità con cui quarant’anni fa lo si diceva del mostro comunista affacciato alla finestra appena oltre Trieste. Ciclico, come leitmotiv.

Cominciamo da questo: i giornali sono fatti da moltissime opinioni. Tutti: dai giornali stampati delle edicole, alle loro versioni online. I legittimi proprietari dello spazio delle opinioni sono i blog degli autori, format di derivazione americana, che sul giornalismo hanno sempre avuto da insegnare al mondo. L’Huffington Post o il sito dell’Espresso sono strutturati così, ad esempio. Noi, nel nostro piccolo, siamo un blog di opinione. Ma le opinioni non sono notizie. Sono opinioni.

Nel 2010 Luca Sofri propose e trovò dei finanziamenti con cui fondò ilPost.it, una testata online molto diversa sia dai magazine che dalle edizioni online dei quotidiani. In questo editoriale spiegava che cosa stava nascendo. Un contenitore che non ha nome, non è un giornale on line e non è propriamente nemmeno un contenitore, nel senso che non è solo un contenitore. Da le notizie ed è un editore di blog, sta a metà strada.

Oggi la redazione è composta da Sofri, da altri quattro redattori e sei collaboratori fissi. L’età media è spaventosamente bassa. Ogni anno fanno uno stage dove l’unico requisito è sapere l’inglese ed essere in gamba.

Hanno creato loro uno spazio che non fa le notizie, non le produce. Le usa, le cataloga. Ogni mattina mette sul sito tutte le prime pagine dei quotidiani. Usa internet in maniera intelligente, in modo che chi è nato con internet, o perlomeno chi è in gradi di muoversi là sopra, sia a suo agio. La capacità di muoversi nel mare magnum del web non è una banalità. Gli altri giornali hanno qualche difficoltà – forse per l’età più alta delle redazioni. (Prendete, ad esempio, il caso del Corriere e del suo libro di vignette, operazione di un dilettantismo piuttosto sorprendente.)

Ilpost non ha le stesse sfaccettature dei quotidiani online, che non sono altro che versioni digitali meglio o peggio fatte rispetto ai quotidiani cartacei. Questo è un elemento ambivalente. Sacrifica il volume di notizie, la quantità, ma privilegia la qualità. IlPost è l’unica realtà che ha sacrificato il gossip e il sensazionalismo barbaradursesco, da cui tutti, ahimè, attingono a piene mani.
Non sacrifica lo sport, sacrifica lo sport neutro, cioè i risultati delle partite e tutte quelle cose che sono sono dati. Le storie dello sport le riporta per mezzo della rivista del settore migliore della storia della stampa sportiva: ultimouomo.

In ordine, ci sono quattro motivi per cui credo (in maniera granitica) che ilPost.it sia la migliore fonte di informazione d’Italia.

Neutralità
Ilpost.it scrive i fatti. Lo fa in maniera più neutra possibile, senza sensazionalismo né orientamento verso i lettori. Sarebbe scorretto dire che è l’unico giornale che lo fa. Ma molto spesso la piega che prendono gli articoli guarda a quello zoccolo duro di lettori che, storicamente, tutti i giornali hanno.
L’intransigenza su questo aspetto è granitica.
In eventi di grossa portata, tipo la vicenda di Parigi, crea un liveblog che aggiorna costantemente in base alle notizie che arrivano, specialmente via Twitter. Quando una cosa non è confermata scrive che non è confermata. Se si rivela falsa lo scrive. Se c’è una sola fonte la cita direttamente.
Per l’esperienza che ho ilPost non ha MAI scritto una cosa falsa. (È capitato una volta, sul caso di Gabby Gifford, ma è una storia particolare, che merita il suo tempo. È stata probabilemente la più grande cantonata che hanno preso tutti i media di tutto il mondo negli ultimi vent’anni.)

Chiarezza
Gli articoli sono scritti in maniera ordinata, molto pulita, senza periodi prustiani né improbabili metafore alla Bersani. Va da sé che scrivendo i fatti viene molto più spontaneo essere Hemingway che Proust.

Immagini
ilPost ha uno spazio dedicato alle fotografie. Non è un blog di foto, è uno spazio piuttosto rilevante del sito, anche per accessibilità, in cui sono esposti i progetti fotografici più vari dei fotoreporter del mondo.
Alla fine dell’anno scorso TIME ha scelto il fotografo di News dell’anno, e ha premiato il turco Bulent Kilic. Io lo conoscevo perchè ilPost aveva usato le sue immagini nella copertura delle proteste a Istanbul e nelle proteste (poi sfociate nella guerra con i filorussi) in Ucraina.
Ci sono casi in cui le immagini vengono prima, sono più immediate. Ci sono altri casi in cui le immagini hanno una potenza comunicativa diversa. Molti altri giornali lo fatto (per la verità non in maniera così strutturata e costante), ma la maggior parte usa le Gallery per riempirle di gossippate o foto che fanno migliaia di click senza informare. Non è sbagliato, intendiamoci, ma è strumentale mischiare il gossip con le news. Ci deve essere il gossip e ci devono essere le news. Mettere tutto insieme vuol dire strumentalizzare entrambi.

Traduzioni
Traducono molti articoli di testate internazionali, soprattutto Slate, Washington Post e New Yorker (tre colonne portanti del giornalismo americano e mondiale). Globalizzazione significa anche che se il New Yorker ha un editoriale meglio costruito (in tutti i sensi) di Ostellino sul Corriere, ilPost pubblica in New Yorker e non Ostellino. Capita che alcuni editoriali vengano linkati dai siti di altre testate italiane. Per ora è l’unica possibilità (oltre Internazionale) di leggere gli articoli scritti dai migliori giornalisti del mondo.

Un gruppo di giornalisti ha pensato ad uno spazio che mancava e l’ha creato. Pensavano di “introdurre di più internet nel sistema dell’informazione italiana, migliorare la qualità e l’affidabilità delle news e del giornalismo, rivedere le gerarchie delle notizie a cui siamo abituati, raccontare cose interessanti e che cambiano il mondo”.
Poteva venire meglio, forse. Sicuramente poteva venire peggio. Scrisse Sofri: “La linea in terra che ci interessa è quella tra fare le cose bene e fare le cose male.”
Ora, rispetto a prima, c’è un modo di dare le notizie che prima non c’era, basato sulle persone che cercano informazioni su Internet, senza, come Maurizio Gasparri, accontentarsi di quel che scrive piovegovernoladro.it

(Penso sia superfluo dire che The Newsroom l’ho scoperto grazie a loro.)

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