Riusciremo a smettere di parlare di cinema su questo blog? Non è una domanda a cui ho intenzione di rispondere!
Siamo alla fine dell’anno ed è il periodo delle classifiche. Non ascolto musica, non posso scriverne. Il lettore dei due è l’altro, e così mi resta il cinema. Ah, ma anche in questo caso l’esperto non sono io? Poco m’importa, ho saltato pure il pranzo di Natale, perciò in qualche modo il pane lo devo portare a casa.
Per l’occasione ho pensato di differenziarmi e non fare una semplice lista di ciò che mi è piaciuto, ma raccogliere le impressioni sui 10 film che quest’anno ho visto sul grande schermo. L’imperante esigenza di classificare ch permea la nostra società ha fatto il resto.
Ne sono usciti due elenchi: quello dei cattivi che non riceveranno il regalo, quello dei buoni che il regalo l’hanno fatto a me. Due categorie, un solo ordine. Gli estremi rappresentano il top dei flop e il top dei top, il resto sta in mezzo, come in un sandwich.
Avete digerito il cenone? Allora salite sulla lista che io parto.
I 5 film peggiori
1. Il ricco, il povero e il maggiordomo di Aldo, Giovanni & Giacomo e M. Bertacca
2. Maleficient di R. Stromberg
3. Hunger Games di F. Lawrence
4. Pasolini di A. Ferrara
5. The wolf of Wall Street di M.Scorsese
Il ricco, il povero e il maggiordomo
Primo posto, e perciò ultimo. Il trio milanese è sempre stato il mio preferito ed è a malincuore che lo premio in questa classifica.
È vero io sono cresciuto, ma chiedetemi di riguardare Chiedimi se sono felice e sono subito dei vostri. Mi sembra più giusto dire che sono Aldo, Giovanni e Giacomo ad essere invecchiati e col tempo, al contrario del vino, non hanno saputo mantenere la loro verve.
C’è un solo vero insulto che si può rivolgere ad un film comico: non fa ridere. Le cose stanno ancora peggio quando, a parte l’impianto umoristico, meglio parlare solo di regia e fotografia, il film funziona, finale delirante non incluso.
Tre spanne sopra a Il cosmo sul comò, ma non è abbastanza per essere un complimento. Nota di merito? Una Milano bellissima.
Maleficient
Se sei una delle pià grandi star di Hollywood arriverà presto o tardi il giorno in cui guadagnerai così tanti soldi e poterli spendere per produrre i tuoi film. Esattamente in quel momento ti troverai davanti ad un bivio, le strade davanti a te saranno due: o avrai il fiuto necessario per circondarti della gente giusta e imboccare il sentiero della gloria, come nel caso di Matthew McConaughey, oppure non ce l’avrai e deciderai di fare di testa tua, mettendo alla regia Robert Stromberg, di professione scenografo. Tanto il tuo status l’hai raggiunto e, se non ti muovi in avanti, comunque da lì non ti sposta nessuno.
Ebbene, ecco a voi Angelina Jolie in un film in cui l’unica cosa bella, oltre a lei, è l’addormentata nel bosco.
Hunger Games – Il canto della rivolta
Per curiosità una volta mi è capitato di prendere in mano un libro della serie e sfogliarlo, leggere qualcosa, e subito l’ho richiuso. Però qui non stiamo parlando di letteratura e l’ammetto senza problemi: a me Hunger Games piace. Mi piace l’idea di fondo, la complessità del mondo generato dalla finzione, la fantastica prima ora del primo film.
Se La ragazza di fuoco è sottotono rispetto alla pellicola d’esordio, Il canto della rivolta è totalmente inadeguato ai suoi predecessori.
Capita di andare al cinema a vedere un’opera tratta da un libro, interessarsi e scoprire una nuova passione. Va bene. Invece è un totale fallimento guardare un film e pensare che probabilmente di spunti buoni nel romanzo ce n’è, come lo smascheramento dell’epicità della rivoluzione per via della ricercatezza dietro alla propaganda, ma che essi sono tutti abbandonati a se stessi, accennati qua e là per fare spazio a continue scene barzellettistiche e autoconclusive.
Succede, vogliamo dire così per non mettere in mezzo colpe delle case produttrici, di passare da Gary Ross a Francis Lawrence e di avere un Harry Potter girato da Alfonso Caron e quattro da David Yates.
Brillano solo Jennifer Lawrence e, è proprio il caso di dirlo, i The Lumineers, che firmano una Hanging Tree da brividi.
Pasolini
Vai al cinema a vedere un film intitolato Pasolini e ti aspetti di tutto, di materiale su cui lavorare ce n’è, e molto. Il difetto dell’opera è la mancanza di coraggio: limitandosi a descrivere con precisione e freddezza gli ultimi giorni di vita, si dimentica un’intera esistenza.
Il meglio arriva proprio in quel che sarebbe potuto essere e invece non è stato, grazie alla messa in scena di alcune opere incompiute dell’intellettuale italiano.
Non male, ma si poteva fare di più.
The wolf of Wall Street
Il meglio del peggio, ebbene sì, perché non è affato un brutto film, anzi.
La premiata coppia Di Caprio-Scorsese, però, firma una biografia di Jordan Belfort, speculatore di borsa responsabile della rovina di centinaia di americani, e non accenna mai al fatto che si stia parlando di un criminale.
Un film divertentissimo, un ritmo indiavolato, scene memorabili. Cosa manca? Tutto il resto.
Un’opera incompiuta. Un lavoro che spinge al massimo sull’acceleratore, va a schiantarsi contro un albero ma non fa il botto.
Come in Scarface viene introdotta l’ascesa dell’anti-eroe, al contrario di Scarface non vengono messi in evidenza i lati oscuri di tale vicenda.
I 5 film migliori
5. Interstellar di C. Nolan
4. I guardiani della Galassia di J. Gunn
3. Frank
2. Il sale della Terra di Wim Wenders
1. Inside Llewin Davis di J. & E. Coen
Interstellar
Io ho una teoria su Christopher Nolan: da piccolo rispondeva alla domanda “Cosa vuoi fare da grande?” con estrema fantasia. “Il supereroe”, “il mago” e “l’astronauta” diceva, ma i suoi genitori avevano la cura di spiegargli che va bene l’ambizione, ma bisogna essere realisti. Così il piccolo Chris è cresciuto sognando di fargliela vedere a quei due, perché lui poteva fare tutto quello che voleva. E questo si ripercuote sui lavori dell’uomo adulto, il regista.
Nolan non si accontenta mai. I suoi film sono commedie divertenti, opere impegnate, tragedie teatrali, ritratti paesaggistici e raccolte di fumetti. Pure Inception, che si conclude con qualche secondo di anticipo, lo fa solo per non lasciare inespressa nemmeno una possibilità narrativa.
Se il film fosse durato 20 minuti di meno avrebbe scalato la classifica. Però, attenzione, non sto dicendo che un film per essere bello deve essere breve: Kubrick gira 2001 e Barry Lindon, film lunghissimi, e non spreca un attimo del tempo dello spettatore; Nolan non ha la lucidità per concludere quando dovrebbe.
Tutto ciò non scalfisce con efficacia la grandezza del film, che nella mia scala personale di drammaticità si posiziona sul gradino “pianto a dirotto due volte”.
I guardiani della Galassia
La Marvel non sbaglia un colpo. Il franchise di Avengers, da dopo il Thor di Branagh, propone film estremamente godibili e, in alcuni casi, degli ottimi film d’azione.
I guardiani della Galassia appartiene alla seconda categoria ed è inaspettato, perché questi cinque non li conosce nessuno, e perciò non hanno il vantaggio, riservato agli Avengers veri e propri, di poter contare su un bacino di fanboy sfegatati.
Uno dei migliori pregi del film è la spensieratezza con la quale guarda al serio compito di salvare la Galassia, tanto che pure il wrestler Batista è a suo agio nella recitazione. Entertainment allo stato puro. E c’è ancora di più: il vero e proprio cioccolatino da scartare è la colonna sonora anni ’70 riprodotta da un walkman degli anni’ 70.
Da vedere, da ascoltare, da far vedere.
Frank
Già il trailer, che se mi conoscete almeno un pochino vi ho costretto a vedere, è meglio di almeno dei primi tre film citati in questo post.
Un black comedy da paura: ridi, ridi, ridi, ridi e alla fine… piangi! Non è da tutti girare un film così scomodo che, addolcendo la pillola tra gag allucinogene e elettroshock emotivi, prende in seria considerazione la malattia mentale e, soprattutto, i malati, i loro complessi rapporti interpersonali e la relazione col mondo esterno e, dato che siamo nel 2014, i social network.
Mental wounds not healing, diceva Ozzy Osbourne, voi imparate la lezione e non aspettatevi un normale happy ending.
Il sale della Terra
Emozionante. Non mi dilungo perché ne ho già scritto in questo articolo. Se alla fine dei titoli di coda fosse ricominciato da capo sarei rimasto in sala a rivederlo, e poi ancora e ancora. Poi basta però.
Non è al primo posto solo perché è un documentrario. E perchè al primo posto ci sono i Coen!
Inside Llewin Davis
Voglio parlare soltanto di Inside Llewin Davis ed evitare che le polemiche condizionino le mie impressioni, perciò lo dico subito: Adam Levine non azzardarti mai più a copiare i Coen per girare due ore di pubblicità a te stesso. Torna a fare musica.
Inside Llewin Davis è il miglior film che ho visto del 2014 perché combina assieme tutti gli addendi e il risultato non è la semplice somma.
La colonna sonora emoziona, è incastonata nella storia del protagonista, che suona sempre per un pubblico, e mai scade nella tentazione del musical. La trama è semplicissima, non un difetto, e perciò deve vivere sulle emozioni, dalla delusione alla velata rassegnazione, e persino sulle sensazioni, per un’ora e mezza in sala fa freddissimo e non è un problema del sistema di areazione.
Llewin Davis è un artista, ma prima ancora è un personaggio dei Coen, perciò è fortemente ancorato alla realtà. Corre, insegue, scappa? Sì, girando sempre su se stesso. Esattamente come ogni altro essere umano ha le sue radici e non poi sfuggirgli.
It’s always the same story, but this time is an amazing one!
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Un pensiero su “Top&Flop 2014: un anno in sala”