Nella puntata del 5 dicembre di Crozza nel paese delle meraviglie (Venerdì, La7, 21.10), ad un certo punto, poco prima della metà, Maurizio Crozza ha fatto un commento che ho trovato abbastanza significativo da farci un pezzo sopra.
Crozza aveva appena introdotto il blocco in cui avrebbe fatto uno dei suoi personaggi chiave e più famosi: il Senatore Razzi. Appena comparsa la foto sullo sfondo il pubblico aveva cominciato a ridere prima ancora che lui dicesse qualcosa.
Poi ha detto questa cosa (che trovate qui al minuto 22 circa):
Quando penso alla questione morale penso a Razzi…Ora, lui è quasi diventato una macchietta. Ogni volta mi domando se valga ancora la pena imitarlo. Sono io che imito lui, oppure ormai è lui che imita me che imito lui…Temo sempre di aver contribuito alla popolarità di un mostro…Poi mi fermo, penso che al pubblico piace, la gente ride e mi dico Massì Mauri, fatti li cazzi tua.
La chiosa finale è ormai identificabile con lo stesso Razzi. Ma quel che colpisce è il dubbio prima della fine. Crozza in quel momento fa un passo in avanti, verso il pubblico che è nel teatro e verso la telecamera, quindi verso il suo pubblico a casa. Fisicamente, si espone. Il suo temere di essere stato lui stesso artefice del fenomeno Razzi non è logicamente necessario alla battuta; se tagliamo la proposizione contenente il dubbio, l’ultima frase, in cui è esplicito il riferimento al modo di dire di Razzi, verrebbe collegato alla proposizione precedente; diventando:
Sono io che imito lui, oppure ormai è lui che imita me che imito lui…Poi mi fermo, penso che al pubblico piace, la gente ride e mi dico Massì Mauri, fatti li cazzi tua.
La battuta sussiste lo stesso.
Ma Crozza inserisce quella frase, pone un dubbio che sembra appartenere più alla persona che al comico.
Ci sono dati di fatto incontestabili: Maurizio Crozza ha creato l’immaginario di Razzi. Il senatore è celebre non per essersi venduto al proprio interesse votando la fiducia al governo Berlusconi IV solo per poter raggiungere i giorni necessari al conseguimento del vitalizio, né per le sue discutibili idee politiche (Corea del Nord, per esempio). Lui è il come dice quel che pensa; è gli aborti grammaticali attraverso i quali si esprime. Questo, io credo, deriva dal personaggio di Crozza.
Crozza imita ciò che prima è stato reale. Il video, i modi di dire. Ma sembra che tutto questo sia scivolato nella tipicamente italica mentalità del dimenticatoio. Tanto che Crozza fa seguire, a ciò che ho citato, il video da cui tutto ebbe inizio, come nel più frankensteniano dei mostri.
Fu proprio il video ripreso a camera nascosta de Gli Intoccabili, sempre La7, a creare le basi di quel Fatti li cazzi tua, te lo dico da amico, eccetera.
Rubò la confessione di un senatore venduto a se stesso e al suo tornaconto. Ma le uniche conseguenze di quel video furono una indiscussa e spiccata popolarità, oltre che una rielezione.
Crozza ha lasciato lo spazio per dire che si è accorto di questo, ma che è un responsabile senza responsabilità. Ci ha costruito intorno una battuta; ha camuffato il dubbio: l’ha reso trasparente, incolore e impalpabile. Ha fatto capire che ogni tanto si sente responsabile di aver sdoganato Razzi, dell’averlo legittimato ad essere così come ormai le persone si aspettano sia, tanto da avere lui stesso dubbi su chi imita chi. Perchè di Antonio Razzi si possono dire tante cose, ma non certo che è stupido.
Crozza ha fatto il suo mestiere mettendo a nudo un distratto, incauto, sgrammaticato, impreparato, furbo, opportunista e inutile senatore della Repubblica, e nella più coerente delle teorie ermeneutiche ha perso il controllo della sua opera, che è diventata di tutti, su cui tutti si sono adeguati, creando aspettative.
Sarebbe impreciso attribuire responsabilità totali agli elettori abruzzesi, nel complesso di questo discorso. Crozza cominciò a imitare Razzi nella sua seconda stagione (autunno 2013), otto mesi dopo l’elezione di Razzi al Senato, votato da abruzzesi paghi di un loro senatore che convinse l’ elettorato elencando successi di un progressismo lungimirante: il volo Zurigo-Pescara, i tornei di tennis e “pallone” organizzati a Montesilvano e Francavilla al Mare. (Il video, che sembra fatto da Crozza, lo trovate qui)
Temo sempre di aver contribuito alla popolarità di un mostro.
Crozza dice al suo pubblico: ridete di Razzi, ma sappiate che ad ogni risata contribuite, tanto quanto me, a tenere in vita il mostro. Senza valore morale, senza per forza dire giusto/sbagliato. Ma prendendo coscienza di ciò che è. In questa frase non riesco a leggere altro che il rimorso del dottore dopo aver creato Frankenstein. Un Frankenstein mediatico; un Frankenstein popolare di cui questo paese ha bisogno per ridere e allo stesso tempo per poter tendere l’indice. Di Razzi rido, ma di Razzi è colpa. Del giullare, del buffone, dell’incapace Razzi.
Nient’altro che un Frankenstein che poi verrà rincorso dalla folla inferocita, torce in mano, fin sotto il mulino, non appena smetterà di far ridere. Quasimodo de no’altri, eletto per acclamazione Papa alla Festa dei Folli senza fine di questo paese.
SrM